REPLICA DEL DIRETTORE GENERALE FALCO
Paolo Isaia
Sanremo
A novembre del 2021, quando era scattata l’ultima tornata di sospensioni per i sanitari non vaccinati, erano riusciti a evitare di finire nell’elenco: la documentazione che avevano prodotto per dimostrare di non dover rispettare l’obbligo imposto dal Decreto legge 44, era ancora sotto esame. Ma a distanza di tre mesi, per quattro dipendenti no-vax è arrivato il verdetto dell’Asl 1.
Da oggi non potranno più recarsi al lavoro fino a quando non si vaccineranno (o producano i documenti dell’avvio del ciclo vaccinale), oppure se l’obbligo dovesse decadere. Condizione, quest’ultima, che non si verificherà comunque prima del 15 giugno.
I quattro provvedimenti sono stati emessi ieri, con validità a partire da oggi. Sono i primi del 2022. E non è escluso che siano gli ultimi, a questo punto, visto che ci sarebbero altre posizioni aperte.
Sul ruolo dei dipendenti sospesi viene mantenuto il più stretto riserbo, ma è evidente che, trattandosi di sanitari, fino a ieri abbiano lavorato in reparti o ambulatori a differenza dei colleghi che, come loro, avevano deciso di non vaccinarsi, ma sono stati lasciati a casa già da tempo, qualcuno già a settembre 2020. E che pertanto non percepiscono lo stipendio ormai da quasi sei mesi. Difficile, però, comprendere la ragione di un simile ritardo nell’arrivare alle sospensioni, quando la maggior parte erano già state appunto decretate mesi fa.
«Le procedure sono molto rigorose – spiega il direttore generale dell’azienda sanitaria imperiese, Silvio Falco – e ogni documento presentato va verificato in maniera approfondita prima di poter arrivare a decidere in un senso o nell’altro». Anche perché l’Asl si trova già a dover fare i conti con un elevato numero di ricorsi, sia al Tar, che al giudice del lavoro, o alla giustizia ordinaria. Insomma, i provvedimenti devono essere inattaccabili.
Ad oggi, con gli ultimi quattro provvedimenti, i sanitari no-vax sospesi sono 54, ai quali si aggiungono due amministrativi. Inizialmente, erano 89, tra medici, infermieri, oss e tecnici di laboratorio. Con il passare dei mesi il loro numero si è gradualmente ridotto, arrivando a quello attuale. Ma per un’azienda cronicamente alle prese con difficoltà di organico sono sempre troppi. «Si tratta di uno zoccolo duro che difficilmente si modificherà in maniera importante, c’è poca possibilità che si riduca ulteriormente – prosegue il manager Falco – ma essendo partiti da 89 significa che nel frattempo 35 lavoratori sono tornati sulle proprie scelte». Spesso, se non quasi sempre, per questioni economiche: che durante la sospensione non si può esercitare l’attività sanitaria in alcuna forma.
«Attendiamo di conoscere le future decisioni del governo, le regole che verranno stabilite. Avere perso queste risorse ci ha costretti a dover riorganizzare continuamente i servizi, non è stato semplice, ancora di più con una pandemia in corso», chiude il direttore generale.
