I PARTITI ALLA PROVA DEL VOTO – Cinque Stelle e Pd pensano di non scrivere nulla sulla scheda per le prime tre chiame, per poi andare sul “bis” o su Draghi. Conte incontrerà Salvini DI LUCA DE CAROLIS E WANDA MARRA12 GENNAIO 2022

I giallorosa si cercano, si incontrano e un po’ si marcano tra loro. Non hanno una rotta e un vero nome su cui puntare per il Quirinale: più che altro si raccontano la paura di rivolte e sabotaggi interni e il terrore di assistere a un incubo che si farebbe realtà, Silvio Berlusconi eletto al Colle. Così la prima urgenza per Giuseppe Conte ed Enrico Letta è limitare i danni, subito, con una valanga di schede bianche nelle prime tre chiame per il Colle, quelle che prevedono la maggioranza dei due terzi degli aventi diritto per eleggere il Capo dello Stato. L’unica via per coprire le divisioni interne. A meno che Sergio Mattarella non conceda quel bis che dem e grillini reputano la panacea di ogni male, e che ieri lo stesso Letta ha invocato a Di Martedì: “Il Mattarella bis sarebbe il massimo”. Oppure che quasi tutti i partiti convergano su quello che era e forse è ancora il favorito, Mario Draghi: soluzione che a Letta non dispiacerebbe, un male minore per Conte, a patto che non si precipiti nelle urne anticipate.

Questo sembra lo schema di gioco di Pd e M5S, con Articolo Uno a sostegno. Fragile come piano, certo. “Ma il centrodestra non sta messo molto meglio con questa grana di Berlusconi candidato per forza” dicono dai 5Stelle, e troppo torto non hanno. Però poi c’è anche altro. C’è la Lega di Matteo Salvini che, proprio perché di eleggere il Caimano non ha voglia, tende pubblicamente e ufficiosamente le mani ai grillini, nel nome del fu governo gialloverde. E Conte di andare a guardare le carte del suo ex ministro ora ha anche necessità. “Lui e Salvini si vedranno a breve” confermano dal M5S. Ma l’ex premier si è già sentito spesso con il capo del Carroccio, che a Porta a Porta ha evocato un rimpasto di governo: “Tutti partiti, dopo il voto del Colle, dovranno valutare se questa è la migliore squadra possibile”. Quel Salvini che ha sentito, eccome, anche Luigi Di Maio, il 5Stelle con cui tutti vogliono parlare e che si ostina a non fiatare in pubblico, perché ciò che ha da dire lo scandisce altrove. E poi al ministro adesso conviene guardare il gioco. Tanto è Conte che stasera dovrà cercare di uscire indenne dall’assemblea congiunta dei parlamentari, tutta sul Colle. Mentre ieri in quella dei deputati di ieri il capogruppo Davide Crippa si è raccomandato con i suoi: “Siamo il gruppo con più positivi, facciamo attenzione ai contatti in questi giorni, perché i numeri in Aula saranno fondamentali”.

La posizione di Letta sulla carta sembra meno complicata. Ma il Pd è noto per le congiure dell’ultimo minuto, e il segretario sa che un errore sul Colle darebbe il via anche all’assalto alla sua segreteria. Ieri per i dem è stata una giornata difficile, quasi di congelamento, per la morte di David Sassoli. Rimandata la segreteria prevista in mattinata, rimandata anche la direzione prevista per domani a sabato, visto che c’è la Camera ardente. Ieri mattina, con il ricordo di Sassoli fatto al Nazareno, il segretario ha introdotto un discorso che da qui al 24 gennaio diventerà per lui una priorità.

Tutto parte dal fatto che l’emergenza Covid possa alimentare una polemica, che già c’è, sul mancato accesso a Montecitorio di chi non ha il Green Pass. Letta ha ribadito che vale l’autodiachia del Parlamento ma non vale “il metodo Djokovic” per i parlamentari perché questo aumenterebbe l’antipolitica. “Non puoi dire che per la politica le regole sono diverse”, il ragionamento del segretario. Che ha sottolineato anche un altro aspetto della questione: “Non sarebbe possibile l’immagine di una classe politica che fa un voto al giorno e non si riesce a trovare una quadra con 200 morti al giorno”. E ancora: “Non abbassiamo la guardia rispetto al rischio populista”. Un discorso che porta al punto numero 1 della sua strategia: arrivare a un candidato condiviso, da votare tutti insieme. Nella consapevolezza che non c’è la possibilità di votare un candidato del Pd. E che non è il momento di mettere in campo provocazioni (come quella – ventilata – di usare Anna Finocchiaro come candidato bandiera).

La sua rosa comprende Draghi, Mattarella e Amato. Ma solo i primi davvero ipotesi concrete. Una rosa che il segretario potrebbe offrire a Matteo Salvini, proponendogli di costruire insieme un percorso. Il quale, peraltro, ieri ha escluso Giuliano Amato. In programma, anche se non ancora in agenda, un incontro con il leader della Lega. Perché l’accordo diventa possibile solo se Salvini toglie dal tavolo la candidatura di Silvio Berlusconi. Sul Quirinale “lavoro per un centrodestra unito che allarghi senza mettere veti e senza fare forzature”, ha detto ieri. E poi ha chiarito che non esclude di entrare al governo, perché “non fuggo dalle mie responsabilità”. Con Draghi al Colle, forse, diventa più facile. Ma soprattutto Salvini apre a un rimpasto, evoca l’esecutivo con tutti i leader dentro di cui si parla in questi giorni. Letta, dal canto suo, non chiude: “Servono nuove energie nel governo”. Quando si arriverà a un incontro, l’accordo sul dopo Colle sarà tra i punti in agenda.

Intanto, il “solito” Matteo Renzi, che ha un unico vero obiettivo: arrivare alla quarta votazione, per poi essere determinante. Insomma, punta sulle divisioni altrui. Esattamente l’opposto di quello che vorrebbe il segretario del Pd. Per motivi diversi, Iv dovrebbe votare sia Draghi che Mattarella. Ma le vere carte di Renzi sono altre: Pierferdinando Casini e “una donna”, che molti identificano in Marta Cartabia. Un profilo che potrebbe essere gradito a Mattarella e essere messo in campo come figura di garanzia. Difficile che lo votino M5S e Lega, mentre al segretario del Pd potrebbe andare bene. Sembra però più un atto di disturbo che una opzione reale.