ESECUTIVO SPACCATO, I VETI DEI PARTITI E I NODI GIURIDICI COMPLICANO LE SCELTE DEL PREMIER SUL SUPER-CERTIFICATO PER I LAVORATORI IL LEGHISTA GIORGETTI: LE AZIENDE DEL NORD PREFERISCONO I TAMPONI. IL LEADER GRILLINO STUDIA UNA MOZIONE CON DIECI PROPOSTE

Ilario Lombardo
Roma
L’elenco delle nuove restrizioni anti-Covid che si allunga e si diversifica di ora in ora dà l’idea dell’incertezza in cui è precipitato il governo. Forse per la prima volta la nave di Mario Draghi non sembra seguire una rotta ordinata. Non è chiaro dove cadrà il compromesso, e fino a che punto si spingerà la voglia di imporre un obbligo di vaccinazione o qualcosa che gli assomigli.
Il caos è appena percepibile nella foga dei partiti che rincorrono tutte le ipotesi sul tavolo, mentre i contagi si avvicinano pericolosamente ai 200 mila. E tanto per avere un’idea di come si sta complicando il quadro, dal governo non possono nemmeno smentire la voce di uno slittamento del Consiglio dei ministri. Al momento è previsto per oggi e dovrebbe essere preceduto dalla cabina di regia ma non è escluso il rinvio. Eppure fino a ieri mattina sembrava fatta per il Green Pass rafforzato obbligatorio per i lavoratori, una misura sostenuta da Pd, Leu, Italia Viva e Forza Italia che premia guariti e vaccinati e sbarra il posto di lavoro per chi si ostina a ricorrere al tampone. Invece, è proprio Palazzo Chigi a invitare, adesso, alla prudenza e ad accennare ad altre possibilità. Una su tutte: l’obbligo vaccinale per chi ha più di 60 anni. È la popolazione più fragile, quella che senza terza dose può più facilmente e dolorosamente occupare gli ospedali. Ma non è finita qui. Perché nel corso della giornata le riunioni tecniche hanno partorito anche altro. Iniziare con i lavoratori della Pubblica amministrazione, per esempio. Oppure: fissare un criterio di immunizzazione obbligatoria per determinate categorie di lavori, e cioè le attività che sono più a contatto con il pubblico e per questo più esposte ai contagi. E ancora: restringere l’obbligo del Super Green Pass ai lavoratori over 60, la maggior parte dei quali oscilla tra i 60 e i 67, età in cui è prevista l’entrata in pensione della gran parte degli italiani.
Bisogna immaginare Draghi a Palazzo Chigi, diviso tra le sfuriate dei partiti, le pressioni dei sindacati e degli imprenditori, le grane più giuridiche che arrivano dagli uffici (su tutte la sanzionabilità) e l’inesorabile aggiornamento dei contagi spinti dalla variante Omicron che fa da sottofondo alle raccomandazioni degli esperti del comitato tecnico-scientifico. Ogni partito della maggioranza ha uno o più veti che butta sul tavolo di Draghi.
Nella trincea leghista si aggira Giancarlo Giorgetti, convinto che ormai i fantasmi quirinalizi e le ambizioni di Draghi stiano segnando la fine di questo governo. Al di là dei condizionamenti politici del leader Matteo Salvini, il ministro dello Sviluppo economico resta comunque uno dei più ascoltati dal premier. Lo dimostra quanto sui tentennamenti e le decisioni degli uomini dell’ex banchiere stia pesando l’allarme lanciato da Giorgetti. Molte aziende del Nord, ha spiegato, «non vogliono l’obbligo del Green Pass rafforzato», hanno organizzato protocolli che prevedono tamponi ogni giorno o quasi e «preferiscono continuare così» piuttosto che perdere dipendenti irriducibili no vax.
Anche il M5S ha i suoi paletti. I gruppi parlamentari si riuniscono in un’assemblea congiunta proprio mentre gli uffici del premier cercano un equilibrio sulle misure da adottare. Il Movimento è in preda a una lacerazione senza fine, indeciso se sposare o meno la linea del governo. Il leader Giuseppe Conte è costretto a cercare una sintesi e una strategia, anche per placare i malumori interni. L’ex premier pensa a una mozione parlamentare, ma per il momento intende mettere insieme un documento, un elenco di dieci, undici punti «da portare all’attenzione di Draghi». Un modo per compattare il Movimento e far pesare i numeri del «primo partito di maggioranza relativa». Per prima cosa, Conte chiederà al premier di «spiegare in modo chiaro e trasparente l’attuale situazione epidemiologica, spiegando ragioni e obiettivi delle nuove misure restrittive», ognuna delle quali dovrà avere, sostiene Conte, «il conforto di chiare evidenze scientifiche». Poi: accesso ai tamponi e la fornitura massiccia di Ffp2, per garantire la presenza a scuola degli studenti. Sul fronte economico l’avvocato considera «assolutamente necessario» aumentare i ristori per le attività economiche, programmando un nuovo scostamento di bilancio, e la proroga del finanziamento della Cassa integrazione. Conte considera paradossali una serie di passaggi e un errore le timidezze sullo smart working. Sul punto era tornato già nel video del 30 dicembre. Il ricorso al lavoro da remoto è «una condizione preliminare» per prendere ulteriori restrizioni e definisce «inaccettabile averla dismessa proprio in questa fase della pandemia». Una posizione che il M5S condivide con il Pd. Il capodelegazione e ministro del Lavoro Andrea Orlando è intenzionato a chiedere nel Cdm di oggi a Draghi di farsi garante di una riflessione comune per «deideologizzare» la discussione e togliere al ministro della Pa Renato Brunetta l’egemonia sul tema. Un passo in avanti è stato fatto con il faccia a faccia tra il presidente del Consiglio e il ministro, dove è stato trovato un primo compromesso per alleggerire il lavoro in presenza, attraverso una circolare che incentiverà lo smart working.