Giorgio Boratto / e-mail

Sono al banco di un bar e entra una giovane donna: “Scusate mi sono dimenticata la mascherina. Non se ne può più con queste mascherine. Chissà quando finiremo… io non mi sono vaccinata. Ho paura, ci fanno morire tutti”. Io non ce la faccio a stare zitto: “Ma come fa ad avere paura del vaccino. Dovrebbe avere paura del Covid19. Mi dia retta vada a vaccinarsi e presto. È grazie ai vaccinati come me che lei oggi può entrare in un bar e prendersi un caffè. Ma come si fa ad avere delle idee così antiscientifiche”. “Ha ragione, ma io ho paura di cosa ci iniettano”. “Guardi che i vaccini esistono da sempre e sono quelli che ci hanno salvato dalle pandemie. I vaccini prima di essere iniettati vengono testati… Stia tranquilla”. “Vedrò. Ho anche un bambino e ora ho sentito che vogliono vaccinare anche quelli…”. “Se ha un bimbo saprà che per andare a scuola ci sono i vaccini obbligatori, vada a vaccinarsi. Io avrei reso d’obbligo anche questo anti Covid19. Quando c’è di mezzo la salute non si scherza”. “Va bene. Grazie”. Poi è uscita di fretta. Speriamo l’abbia convinta. Il barista intanto mi dice che contro l’ignoranza non c’è niente da fare: ognuno ha le sue convinzioni e sono dure a morire. Io continuo a sperare di aver convinto qualcuno a vaccinarsi. E che i no-vax siano sempre meno. La sua non mi sembra tanto una lettera quanto un’operetta morale di stampo leopardiano, una riflessione sotto forma di dialogo, in cui si cerca di spiegare che la natura spesso è matrigna e che l’uomo sbaglia a sentirsi intoccabile, al centro dell’universo. Cercare di dialogare con chi non si fida dei vaccini, dei politici, degli scienziati, dei giornali può essere sicuramente utile. Ricordandosi però che per dialogare bisogna essere in due. Speriamo che l’operetta successiva non sia il “Dialogo di un folletto e di uno gnomo”, quello in cui Leopardi racconta che è sparito l’intero genere degli umani “perché essi credevano che tutto il mondo fosse fatto e mantenuto per loro soli”.