Guido Filippi

L’emergenza nel cuore dell’emergenza. Turni infiniti, stress, stipendi bassi, calo delle vocazioni, rischio di cause e aggressioni non solo verbali. Il risultato è una sirena che suona ancora più forte e fa venire i brividi nel cuore della pandemia: medici liguri in fuga dalla prima linea e pronto soccorso al collasso. Se si aggiunge che ci sono pesanti carenze anche tra infermieri, il quadro è completo e preoccupante. Per fortuna la risposta ai pazienti è garantita, grazie all’impegno, alla professionalità e alle ore in più di lavoro del personale, ma è evidente che un cardine dell’assistenza, la porta della sanità, è sempre sul filo della crisi e i tempi di attesa per le visite si allungano inevitabilmente.I disagi che cresconoL’ospedale San Martino, il colosso della sanità ligure, con quasi cinquemila dipendenti, deve fare i salti mortali per garantire l’organico minimo – tre o quattro camici bianchi nelle salette di visita più i consulenti di tutte le specialità – ma è stato costretto a chiedere aiuto per coprire i turni del 118: si è messo a disposizione il primario del pronto soccorso del Galliera Paolo Cremonesi, che, una volta alla settimana, sale a bordo dell’automedica; è un rimedio a tempo in attesa di una soluzione che non può essere all’orizzonte per un motivo molto semplice: la carenza di medici specialisti in urgenza è cronica, in Liguria come in tutta Italia. «La situazione è sempre più grave – commenta Cremonesi – Se mancano i medici, tra qualche anno, alcuni pronto soccorso liguri dovranno essere chiusi: i giovani medici e quelli che possono venire a lavorare nell’emergenza scelgono di fare altro, oppure vengono assunti, restano uno o due anni e poi chiedono il trasferimento nei reparti dove c’è una migliore qualità della vita, non ci sono rischi di insulti, aggressioni o contenziosi medico legali. Ora i malati si lamentano perché devono aspettare ore per una visita, oppure perché restano anche tre giorni su una barella in attesa del trasferimento nei reparti: sarà sempre peggio se non si trovano in fretta soluzioni». La Asl 2 savonese ha deciso di affidarsi alla società Medical Line Consulting Srl di Roma per garantire un organico minimo al pronto soccorso di Pietra Ligure e al punto di primo intervento di Albenga che è aperto solo di giorno. Se serve possono essere utilizzati anche per il 118. Il direttore del pronto soccorso del Santa Corona Luca Corti aveva chiesto «un aiuto per un periodo temporaneo», dopo che era stato revocato il contratto con la cooperativa di Sassuolo “Altavista” per una serie di inadempienze contrattuali. La scelta, con procedura d’urgenza, è caduta sul gruppo romano – l’unica domanda presentata – che fa già da service per una decina di aziende sanitarie in giro per l’Italia. Nel ponente savonese coprirà il servizio di emergenza per 1350 euro a turno (massimo 12 ore) fino a un massimo di 105 turni. Medici a chiamata, con la valigia: gli orari sono flessibili in base alle esigenze dell’ospedale. Camici bianchi di riserva, pronti a entrare in campo anche all’ultimo per coprire un’assenza o una malattia. Anche il pronto soccorso di Lavagna lotta ogni giorno con la carenza di medici: «Abbiamo fatto un’estate d’inferno, dopo che eravamo già stremati da più di un anno di Covid – racconta un medico con almeno vent’anni di esperienza – Gli accessi sono praticamente raddoppiati, ma noi siamo otto in meno e per coprire i buchi, siamo arrivati a fare anche undici-dodici ore al giorno. Così non si può andare avanti». Anche perché entro febbraio andranno via altri due medici. La direzione della Asl 4 ha chiesto una mano ad alcuni internisti e chirurghi che, però, hanno dovuto rinunciare a visite specialistiche e interventi chirurgici: il problema è stato spostato da un reparto a un altro. Provincia che vai, problema che trovi. Dalla Asl 1 Imperiese e dalla Asl 5 spezzina sono partiti appelli («Non riusciamo a coprire i turni») alla Regione, ma, come ammette il direttore sanitario di Alisa Michele Orlando, «purtroppo possiamo fare ben poco». I numeri del censimentoA fine settembre, la Società italiana di Medicina emergenza urgenza (Simeu) ha presentato i risultati di un censimento nazionale, regione per regione, sulla carenza di medici: in Liguria ne mancano 81, ma è un conteggio per difetto, come sottolinea Daniela Pierluigi, presidente ligure di Simeu e numero due del Galliera. «Non c’è pronto soccorso in Liguria che non sia in difficoltà e non abbia almeno cinque o sei medici in meno rispetto all’organico previsto. Il nostro lavoro è aumentato con il Covid: i turni sono massacranti, spesso siamo costretti a fare più notti a settimana e la qualità della nostra vita continua a peggiorare. Nella maggior parte dei pronto soccorso abbiamo un lavoro aggiuntivo: ci dobbiamo occupare dei pazienti ricoverati temporaneamente da noi, in attesa del loro trasferimento in un reparto. Per non parlare delle aggressioni e dei rischi di denunce da parte dei pazienti e dei loro parenti». Tantissimo lavoro e retribuzioni basse. «I nostri stipendi sono più bassi di quelli di altre regioni, come il Piemonte, la Lombardia e il Veneto – aggiunge Pierluigi – e, in più, non facciamo attività libero professionale: non abbiamo appeal; chi andrebbe a farsi visitare da un medico dell’urgenza? E poi ci chiediamo perché non ci sono medici che vengono a lavorare nell’emergenza. I giovani scelgono altri rami: quest’anno almeno 450 posti nelle scuole di specialità sono rimasti scoperti».La presidente ligure di Simeu prende spunto dall’ultimo concorso bandito dalla Regione per assumere 38 specialisti in Medicina d’urgenza. «Sono arrivate solo 33 domande, ma alla selezione si sono presentati in 20, di cui 10 specializzandi – dice Pierluigi – gli assunti hanno subito preso servizio, ma sono come una goccia nel mare anche perché non bisogna dimenticare che sono sempre di più i colleghi che dicono “appena posso me ne vado”. Quello che è successo all’ospedale di Careggi dove sei medici con almeno quindici anni di anzianità hanno dato le dimissioni, potrebbe succedere anche in Liguria. Bisogna avere il coraggio di dire che non è con le cooperative che si risolvono i problemi e si garantisce un’assistenza di qualità ai malati. Vengono utilizzati colleghi che non hanno esperienza di pronto soccorso, non sono formati e in questi anni non hanno trovato una collocazione nella sanità pubblica o privata». Il ministro della Salute Roberto Speranza ha promesso uno stanziamento di 90 milioni dall’anno prossimo per finanziare un’indennità a chi lavora nell’emergenza. E arruolare medici. In Liguria anche Martina Brasesco della segreteria regionale della Fimmg (medici di famiglia) sta facendo una battaglia per il 118 dove, secondo Alisa, mancano almeno 34 medici per le automediche di tutta la Liguria, da Bordighera a Sarzana: «Si lavora troppo, con notti e festivi, e si è pagati poco. Il 118 è in ginocchio e si rischia di non garantire un servizio che ogni giorno permette di salvare vite umane». Si è mobilitato anche il presidente dell’Ordine dei medici di Genova Alessandro Bonsignore che parla apertamente di una situazione sempre più preoccupante in tutta la Liguria e ha chiesto l’intervento alla Regione. «L’emergenza è uno dei pilastri della sanità e bisogna migliorare le condizioni di sicurezza dei colleghi, garantire condizioni di lavoro dignitose, oltre a incentivi economici adeguati ai turni e ai rischi. Solo così si possono trovare medici specializzati che vogliono lavorare in pronto soccorso. Anche gli ospedali devono riorganizzarsi e non lasciare più i malati su una barella, a carico del pronto soccorso, in attesa del ricovero. Ne ho parlato con il presidente Toti e il suo staff».Mercoledì 17 novembre i medici in prima linea negli ospedali scenderanno in piazza a Roma con un flashmob. «Appoggeremo a terra il camice bianco e il fonendo. Questa volta – dice Pierluigi – siamo noi a chiedere di essere soccorsi». –filippi@ilsecoloxix.itHanno collaborato: Luisa Barberis, Silva Collecchia, Giorgio Giordano e Alessandro Ponte