lunedì 01/03/2021I NODI – SULLA STRADA DEI 5 STELLE

di Luca de Carolis e Paola Zanca

Il convitato di pietra, alla fine, non si è fatto vedere. Beppe Grillo aveva chiesto a Davide Casaleggio di sedersi al tavolo in cui verranno riscritte le regole che governano il Movimento Cinque Stelle. Ma lui ha rifiutato l’invito, ufficialmente perché impegnato nella sesta tappa del tour “La Base incontra Rousseau”. La verità è che ha già ben chiara una cosa: per fare posto a Giuseppe Conte, il primo che dovrà spostarsi sarà lui. Il carrozzone di Rousseau, con le sue liturgie e i conflitti d’interesse sempre dietro l’angolo, è lontano anni luce dall’idea del nuovo M5S che l’ex premier ha intenzione di provare a guidare. Lo ha spiegato chiaramente nel vertice, l’avvocato richiamato a gran voce: “Questo tema va risolto e dovete farlo voi”. E, va detto, ha affondato il coltello con una discreta facilità, visto che da tempo la casa madre milanese è nel mirino di una grossa fetta del gruppo parlamentare, stanco di versare 300 euro al mese, e pure del gruppo dirigente, arcistufo della tiritera sui dati degli iscritti “di proprietà” della piattaforma con cui Casaleggio di fatto tiene sotto scacco il Movimento.

La soluzione di un “contratto di servizio” che trasformi l’associazione Rousseau in un fornitore esterno è ancora in via definizione. Di certo, l’arrivo di Conte darebbe alla pratica una accelerazione immediata. Cosa che l’erede di Gianroberto sa bene e che lo ha spinto a segnare il suo distacco, con il mancato arrivo ieri all’assise dell’hotel Forum a Roma. Svanisce così quella pax, quanto meno apparente, che era stata siglata alla vigilia della nascita del governo Draghi, quando Casaleggio è sceso nella Capitale ed ha partecipato alla riunione in cui Grillo ha convinto i “big” a votare la fiducia. Fu proprio il Garante a farlo entrare, contro il parere di tutti gli altri, voglioso di “mediare”. Ma il rapporto con Casaleggio non è certo l’unico nodo in sospeso nel Movimento. Altrettanto ingombrante è la partita che riguarda la raffica di richieste di espulsioni, fioccata dopo che decine di parlamentari hanno disobbedito, voltando le spalle all’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. Al momento è tutto in stand by: sui probiviri, che hanno aperto l’istruttoria dei provvedimenti disciplinari nonostante la contrarietà di uno dei tre membri del collegio, pesa la recentissima decisione del tribunale di Cagliari, che ha nominato un curatore speciale del M5S, ritenendo l’associazione priva di rappresentanza legale.

Tradotto, ha ritenuto che Vito Crimi, che fa il capo reggente da quando Luigi Di Maio ha lasciato l’incarico più di un anno fa, non sia più titolato a decidere alcunché, figuriamoci le espulsioni. Il 17 febbraio, infatti, gli iscritti al Movimento hanno votato sulla piattaforma la nascita del nuovo organo collegiale a cinque: da quel momento, è la linea anche di Casaleggio, il ruolo del reggente è da considerarsi terminato. I ricorsi – tra cui quelli di alcuni illustri esponenti M5S come Barbara Lezzi – sono ancora fermi: prima va capito se sono stati cacciati davvero o se tutto è illegittimo dall’inizio. Infine, resta la grande incognita dell’organo collegiale: come dicevamo, due settimane fa la base lo ha battezzato. Ma pochi giorni dopo è partito il pressing dei contiani – e di Grillo – per ricominciare daccapo: per interrompere il processo che dovrà eleggere i 5 componenti serve un intervento formale del Garante. E ormai nessuno dubita più che arriverà.

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