Stop al vertice di maggioranza che avrebbe dovuto varare il testo Nel mirino c’è il ruolo del presidente del Coni e il terzo mandato
federico capurso
roma
Nessuno, nel Movimento 5 stelle, vuole le dimissioni del ministro per lo Sport, Vincenzo Spadafora. Le minaccia lui, però, dopo la lettera ricevuta dal direttivo pentastellato in cui gli si chiede – e si ottiene – di rinviare la riunione di maggioranza che avrebbe dovuto far partire la riforma dello sport. «Quella mail è stata solo scritta male, tanto da farla sembrare una lettera di sfiducia», fanno mea culpa dai piani alti del movimento. Resta intatta, però, la volontà di rivedere il testo del decreto insieme al capo politico Vito Crimi e al capodelegazione Alfonso Bonafede, così da superare le troppe criticità. I primi malumori sono nati per l’assenza di un confronto con Spadafora nelle ultime decisive settimane. Deflagrati, poi, quando è emersa la volontà del ministro di riportare una fetta di potere nelle mani del presidente del Coni Giovanni Malagò, a discapito del nuovo dipartimento Sport e Salute. In altre parole, si vorrebbe tornare al vecchio disegno di riforma studiato, ai tempi del governo gialloverde, con il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti, e non rimanere, invece, schiacciati sulle posizioni di Italia Viva.
La richiesta è partita dai parlamentari M5S che si occupano di sport: i deputati Felice Mariani, Nicola Provenza, Manuel Tuzi, Simone Valente e il senatore Emanuele Dessì. «Sentiamo solo la necessità di discutere tutti insieme di alcune modifiche dell’ultima ora, che non rispecchiano completamente gli indirizzi prefissati e comunicati», scrivono in una nota, allontanando le voci di una «frattura». Certo, l’annuncio di Spadafora delle dimissioni già pronte non è piaciuto a nessuno. Anche perché – fanno notare dal Movimento – non è la prima volta che di fronte a un ostacolo il ministro minaccia il passo indietro: «Sarà il terzo o quarto episodio, abbiamo perso il conto».
Ma la vera guerra grillina si muove lontano dai palazzi della politica, con un unico uomo davvero nel mirino: Malagò. Al presidente il Movimento vuole accordare la gestione di una sede centrale, la presidenza del comitato organizzativo per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, 120 dipendenti e i tre centri sportivi di specializzazione di Formia, Tirrenia e Acqua Cetosa. Ma qui – tuonano dal Movimento – stop con le concessioni. La trincea più profonda viene scavata intorno alla possibilità di assicurare a Malagò la possibilità di un terzo mandato, come previsto dall’ultimo testo: «Due mandati sono più che sufficienti», fanno sapere deputati e senatori M5S. Un altro paletto viene fissato intorno al numero di dipendenti, che non possono aumentare da 120 (come inizialmente previsto) per arrivare a 200. Stop anche alla concessione di altri immobili, alla gestione della Scuola dello sport e al registro del Coni. Poi, i Cinque stelle vorrebbero ridurre il numero di federazioni, eliminandone alcune come Squash o Badminton, che oltre a ricevere fondi pubblici si trasformerebbero – è l’accusa – in un bacino di voti per l’elezione alla presidenza del Coni. La guerra, dunque, è contro Malagò. Accusato dai grillini di una gestione spesso manchevole, troppo legata ai salotti buoni della politica. Soprattutto, a quei salotti non frequentati dal Movimento. —
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