giovedì 16/07/2020AUTOSTRADE – LA SVOLTA
di Luca De Carolis e Wanda Marra

“Ma non è possibile! Guarda come il Fatto quotidiano racconta questa vicenda”. A notte fonda durante il Consiglio dei ministri, quando arriva la prima pagina del Fatto, che ritrae alcuni big del Pd vestiti con le maglie Benetton, Lorenzo Guerini sbotta, accusa direttamente il premier Giuseppe Conte, brandendo lo smartphone su cui campeggia il giornale. “Non ti permettere. La tua ministra (Paola De Micheli, ndr) ha dato alla stampa una lettera riservata e non ho reagito, anche se c’erano profili legali”, gli risponde Conte.
I toni sono alti, il che per entrambi – abituati a mediare sempre e comunque – è il segno che la tensione è alta. Ma quando si arriva in Cdm, la direzione è già chiara, anche se la consegna è il silenzio assoluto: la revoca è sul tavolo, ma più come arma negoziale che come vera soluzione. Per il Pd è sempre stata l’ultima spiaggia, per i Cinque Stelle una bandiera. In mezzo, il premier che ha alzato il livello dello scontro, andando dritto sulla revoca nell’intervista al Fatto di lunedì. E trovando Nicola Zingaretti a fargli da spalla. Così, quella tra mercoledì e giovedì è la notte in cui c’è in gioco il governo. Ma anche quella in cui nessuno vuole apparire sconfitto, né tanto meno amico dei Benetton. A cercare la mediazione con Atlantia, insieme al premier, è Roberto Gualtieri.
Il Cdm assomiglia a un bivacco. Dario Franceschini continua a occuparsi delle presidenze delle commissioni. Segno che l’accordo è possibile. A trattare a oltranza con Atlantia sono Conte, Gualtieri, i tecnici di Palazzo Chigi e del Mef. Ogni tanto, partecipa anche la De Micheli. Ma di fatto è all’angolo: non tanto per come stanno andando le cose nel merito (tenere dentro i Benetton, ma in condizioni di non nuocere, era la sua linea guida), ma per come si è mossa. Andando al frontale con il premier, anche sul piano mediatico, assumendo il ruolo di ariete: ma poi è diventata l’agnello sacrificale. Nel gioco collettivo dello scaricabarile, in molti vogliono le sue dimissioni. Nella serata decisiva, recita un ruolo da comprimaria. Perché la soluzione finale viene elaborata al Mef, insieme a Cdp, in stretto contatto con Conte. Mentre Gualtieri continua a parlare con lo stesso Zingaretti, il vice segretario, Andrea Orlando, con Goffredo Bettini. Nel frattempo, il premier mette sotto pressione Atlantia.
A Palazzo Chigi arrivano i cartoni delle pizze. Poi, alle 4 di mattina, pure l’accordo. “Io e Conte siamo un team cazzutissimo”, si lascia andare Gualtieri. Grandi sorrisi anche tra i Cinque stelle. Quello che trasuda gelo è Luigi Di Maio. I suoi rapporti con il premier sono ai minimi termini, dopo settimane di guerra fredda. E ieri sera il ministro certifica lo stato delle cose, con una diretta su Facebook in cui frena gli entusiasmi: “Non siamo ancora al punto che ci eravamo prefissati, la revoca non è ancora esclusa: prima servono risultati nella gestione”. Un 5Stelle di governo commenta: “Luigi e Conte sono distantissimi”. Convinzione diffusa anche nel Pd, dove sospettano un eccessivo dialogo tra Di Maio e Renzi. Poi c’è il dem Orlando, anche lui furente per la prima pagina del Fatto: “Non sono amico dei Benetton, ho condiviso con Zingaretti la linea dal primo all’ultimo minuto”. In un tweet la mette giù dura: “Leggo su un giornale che sarei tra coloro che difendono la posizione dei Benetton in Aspi. Non solo non è vero ma mi chiedo perché dopo due anni di annunci e discussioni non si sia ancora trovata la via per estrometterli dalla concessione”.
Però prevale la pace. Anche se in giornata riprendono, forti, le voci su un rimpasto. E un grillino di peso conferma: “Alcuni sottosegretari stanno chiedendo garanzie”. Perché i giallorosa non sanno stare tranquilli.
© 2020 Editoriale il Fatto S.p.A. C.F. e P.IVA 10460121006
