martedì 14/07/2020AUTOSTRADE 

OGGI I MINISTRI A PALAZZO CHIGIdi Wanda Marra e Paola Zanca

L’unico dubbio, giurano, resta quello di sempre. Ovvero, che farà Italia Viva. Un copione già visto, minimizzano a palazzo Chigi. Ben consapevoli che la vera vittoria, in consiglio dei ministri, sarà aver convinto i ministri del Pd a non opporsi alla proposta che il premier Giuseppe Conte è pronto a illustrare oggi con un’informativa. E che, come anticipato nell’intervista al Fatto, riguarda la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Una scelta obbligata, secondo l’analisi del presidente del Consiglio, “imposta” dalle deludenti controfferte avanzate dalla società quotata in Borsa, che ha come principale azionista la famiglia Benetton. 

Ma non sarà oggi, in ogni caso, il giorno in cui si scriverà la parola fine alla querelle iniziata alla vigilia del Ferragosto 2018. Non solo perché tra le opzioni in campo, c’è anche quella di un rinvio. Ma soprattutto perché non ci sarà per ora nessuna conta: all’informativa non seguirà un voto, bensì produrrà l’accordo politico che sarà alla base di un decreto interministeriale (Economia e Trasporti). Un decreto che è tutto da scrivere e su cui Aspi spera ancora di poter esercitare margini di trattativa. Davanti ai ministri, anche la titolare delle Infrastrutture Paola De Micheli farà un’analisi degli eventi, degli adempimenti, dei costi di entrambi gli scenari. Ovvero, sia della revoca sia dell’uscita dei Benetton. Ponendo l’accento, in entrambi i casi, sulla necessità di proteggere il piano sicurezza fatto fare ad Aspi.

La De Micheli, in un primo momento, era orientata a penalizzare i Benetton dal punto di vista finanziario, piuttosto che spingerli ad uscire. Così come buona parte del Pd, almeno quello di governo: consapevole sì, di quanto rischiasse di essere impopolare la difesa a oltranza della società che ha guardato crollare il ponte Morandi, ma pur sempre restio a chiudere in maniera brusca i rapporti con uno dei salotti buoni dell’economia nazionale.

Ma il tabù è caduto ieri alle cinque e mezza del pomeriggio, quando il segretario Pd Nicola Zingaretti ha diffuso il comunicato in cui “condivideva” i rilievi del presidente del Consiglio, rompendo un silenzio che aveva accompagnato l’intera giornata. L’unico a parlare era stato il sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut: “Chi prende in gestione una infrastruttura e firma un contratto con lo Stato deve sapere che questo comporta oneri e onori, altrimenti giustamente lo Stato può rivalersi”, aveva detto anticipando la rotta. Eppure nel Pd continuano a esserci dubbi, a partire da quelli espressi da Lorenzo Guerini: Dario Franceschini, il capo delegazione, ha passato la giornata di ieri a far capire ai ministri che su questa questione bisogna cedere, perché in ballo c’è la caduta del governo. Ci sarà una riunione stamattina, per blindare una posizione.

Mentre Renzi provocava, dando a Conte e ai giallorosa dei “populisti”, perché “la verità è che con la revoca si danno i miliardi ai Benetton”, si sono invece ben guardati dal commentare le parole di Conte, i ministri Cinque Stelle. Una scelta comunicativa, par di capire, fatta per evitare che la strada della revoca apparisse come imboccata per primo dal premier. “Noi lo diciamo da settimane, finalmente lo ha detto anche lui”, è lo spin del Movimento, ben attento a rimarcare che questa volta sarebbe il resto del governo a convergere su una posizione dei 5 Stelle e non il contrario. Una sottolineatura necessaria, insistono, in vista dei prossimi mesi quando già si preparano a dover “spiegare” scelte dolorose, su cui “sarà difficile tenere il punto” (leggi Mes). Così, in serata è il capo politico reggente Vito Crimi a ricordare che “due anni fa in questa battaglia il Movimento era solo” e che gli alleati dell’epoca “frenavano”. Ce l’ha con la Lega, che pure adesso si mette sulla scia dei favorevoli alla revoca, ma annuncia pure due mozioni parlamentari, la prossima settimana, per mettere in difficoltà la maggioranza: vuole far leva sulla questione dei risparmiatori, che ieri, dopo le parole di Conte, hanno visto crollare in Borsa il titolo di Aspi del 15 per cento.

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