martedì 19/05/2020IL PIANO 

I NOMI DELL’EX CAPO, CHIARA APPENDINO E PAOLA TAVERNAdi Luca De Carolis

L’ex capo ora sta benissimo senza esserlo: libero di studiare e muoversi da ministro degli Esteri, alleggerito delle mille incombenze da risolvere, non più al centro di ogni agguato o semplice isteria a 5Stelle. Ma il futuro del M5S passerà ancora da Luigi Di Maio: il primus inter pares che riflette se ricandidarsi o meno da capo politico, da qui a fine anno. Con gran parte dei dimaiani che glielo ripete, da settimane: “Luigi, lascia perdere, chi te lo fa fare di caricarti di nuovo tutte quelle rogne?”. E Di Maio si sta convincendo. Sta davvero valutando se lasciare spazio a un’altra figura, a una donna. Con il primo nome che resta quello della sindaca di Torino, Chiara Appendino, già sussurrato dallo stesso Di Maio dopo quel 22 gennaio in cui su un palco si sfilò la cravatta, dimettendosi da capo. Fedelissima stimata nel Movimento, che piace al mondo delle imprese (e al Pd), preziosa per provare a recuperare terreno nel Nord dove il Movimento è sprofondato nelle urne e nei sondaggi. Ma ci sono due ostacoli: lei non è convinta, e a tanti potrebbe sembrare una nomina troppo di area.

SEGRETERIA UNITARIA

Il ministro vuole costruirla assieme ai maggiorenti, senza votare solo sul web

Per questo c’è un’altra opzione che prende forma, la vicepresidente del Senato Paola Taverna: veterana con cui nelle ultime settimane l’ex capo ha ricucito, colmando una distanza reciproca che solo sei mesi fa pareva frattura insanabile. Amatissima dalla base, potrebbe portare in dote a Di Maio altri pezzi del M5S. Controindicazioni: ha una personalità molto forte, e i grillini del Nord potrebbero leggerla come una scelta troppo romano-centrica.

Di certo Di Maio ha già chiare almeno un paio di cose: il nuovo M5S dovrà avere una vera segreteria, una struttura “il più possibile unitaria” come la definisce un dimaiano di sicura fede. Capace di assorbire problemi, anime diverse e (eresia) correnti. E non le potrà bastare un voto del web, sulla piattaforma Rousseau. Per la segreteria Di Maio pensa anche a un patto politico tra i maggiorenti del M5S, e magari anche a un luogo fisico dove confrontarsi e vararla.

D’altronde lo ripetono anche tanti big nelle loro conversazioni: “Dobbiamo ridefinire cosa siamo, la rotta politica, la nostra idea di Italia”. Quindi gli Stati generali di marzo cancellati dalla pandemia, il primo congresso del M5S, prima o poi dovranno svolgersi. Forse tra ottobre e novembre, stando alle voci di dentro. Nonostante le difficoltà tecniche e nonostante Davide Casaleggio, che avrebbe voluto in tempi brevi un voto sulla piattaforma, sulla sua creatura, per eleggere un nuovo capo politico. Ma meno di un mese fa in videoconferenza ha sbattuto contro il muro di tanti dirigenti, primi tra tutti Di Maio e Taverna. “Il sistema di votazione su Rousseau ha portato all’anarchia” sibilò il ministro degli Esteri. Sancendo una differenza anche di concetto, tra il Casaleggio che nel web vede l’unico habitat possibile per il M5S, e il Di Maio che vuole anche strutture e segreterie, insomma gli strumenti della politica classica.

Da abbinare alla piattaforma, non più unica cassaforte del potere, da ripensare anche con una robusta modifica dello Statuto: altra partita delicatissima, che si gioca sotto traccia già da mesi. “E poi ridurre l’influenza di Casaleggio gli consentirebbe di ricompattare i parlamentari” ammette una fonte qualificata. Eletti che Di Maio sente e vede regolarmente. Prima del coronavirus, anche con cene apposite.

In queste settimane tanti sono tornati dalla sua parte. Ma lì fuori c’è ancora Alessandro Di Battista. “Molti sono tentati dal candidarsi a capo politico” raccontano. Però l’unico sfidante possibile è l’ex parlamentare romano, ancora forte tra gli iscritti, appoggiato da veterani come Barbara Lezzi, Max Bugani e Ignazio Corrao. Di Maio vorrebbe inglobarlo, come una figura essenziale nella nuova struttura unitaria, e schivare una sfida comunque scivolosa. Ma Di Battista aveva e ha voglia di correre, per portare avanti le sue idee di grillino della vecchia guardia. L’ex capo lo sa e aspetta. Perché non ha fretta, di tornare.

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