martedì 14/04/2020

IL FOCUS

IN PIEMONTE – I CONTAGI AUMENTANO PIÙ CHE ALTROVE INSIEME ALLE DENUNCE CONTRO LA GIUNTA CIRIO

Un’unità di crisi contestata dai medici. Una situazione che peggiora, al punto che il Piemonte potrebbe diventare la seconda regione più colpita d’Italia nonostante l’emergenza abbia varcato il Ticino dopo aver colpito Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche. Anche ieri i nuovi casi registrati sono aumentati più che nel resto d’Italia: ne hanno contati 473, il totale sale così a 17.134 (+474, +2.8%)

E poi c’è una situazione strana. Nell’Unità di crisi, come coordinatore sanitario è stato chiamato un dirigente Asl coinvolto in due indagini contro la pubblica amministrazione. Si chiama Flavio Boraso ed è il direttore generale dell’Asl Torino 3. Una prima inchiesta è per turbativa d’asta. Riguarda un maxi-appalto da 56 milioni di euro dell’Asl Torino 3 da lui diretta: la Althea Italia, azienda di apparecchiature biomedicali, aveva proposto all’azienda sanitaria l’innovativa formula del partenariato pubblico-privato per una serie di servizi. C’erano in ballo la fornitura di un sistema di archiviazione e gestione in rete delle immagini delle apparecchiature diagnostiche, ma anche il rifacimento del laboratorio di emodinamica dell’ospedale di Rivoli e della radiologia di Pinerolo. Boraso e il rappresentante legale della Althea, Antonio Marino, allora capo del comparto Sanità dell’Unione industriale di Torino, sono finiti indagati per turbativa d’asta. L’inchiesta è alle fasi finali. Boraso è poi coinvolto in un’inchiesta su un presunto concorso truccato

Accanto a Boraso, nell’ampia task force, l’amministrazione ha chiamato due magistrati: c’è Antonio Rinaudo, ex pm della Procura di Torino che ora coordina l’area giuridica dell’Unità di crisi, e il sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo, componente del comitato tecnico-scientifico guidato da Roberto Testi, direttore della Medicina Legale dell’Asl Città di Torino e spesso consulente della Procura. Insomma, un indagato dalla Procura di Torino si trova a lavorare accanto a persone che hanno avuto o hanno a che fare con gli investigatori torinesi. Ma in città non vola una mosca. E chissà cosa accadrà se l’operato dell’Unità di crisi finisse un giorno, per qualche motivo, sotto la lente dei colleghi magistrati della Procura.

Ieri il consigliere regionale Pd Mauro Salizzoni, ex direttore del centro di trapianti di fegato dell’ospedale Molinette del capoluogo, è tornato all’attacco: “Si vuole negare l’esistenza di un caso Piemonte. Eppure se dopo la Lombardia, la nostra Regione sta pagando il prezzo più alto in termini di decessi, non credo sia causa del destino cinico e baro”, ha detto all’Ansa. Obiettivo delle sue dichiarazioni non erano i componenti della task force, ma la politica: “L’Unità di crisi sta facendo il suo, le Asl pure. Gli ospedali stanno reggendo grazie a sanitari che fanno miracoli in strutture in molti casi decrepite. Quello che manca è l’assessorato alla Sanità”, in mano al leghista Luigi Genesio Icardi: “Nell’analisi comparativa elaborata dall’Università Cattolica – ha detto ancora Salizzoni – emerge con chiarezza, dati alla mano, come il Piemonte non abbia tenuto il passo non solo del Veneto, ma neppure di altre Regioni di Nord e Centro Nord. Indietro sul numero di tamponi, indietro su mascherine e dispositivi di protezione individuale, indietro sull’attivazione delle Usca”, le Unità speciali di continuità assistenziale.

Fa riferimento all’analisi dell’Alta scuola di management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica, secondo la quale il Piemonte segue molte regioni sia per numero di tamponi eseguiti in rapporto alla popolazione, sia per l’incremento di posti letto in terapia intensiva al punto che il tasso di saturazione è di poco inferiore a quello della vicina Lombardia, con cui condivide un altro tasso simile: quello di contagiati che si rivolgono al pronto soccorso.

“È la solita polemica politica – replica Icardi –. Oggi i laboratori per i tamponi sono diventati diciotto (dei due iniziali, ndr), i posti in terapia intensiva più che raddoppiati e quelli in terapia sub-intensiva triplicati”. Molti giudizi negativi sulla gestione erano arrivati dai medici, ragione per cui sabato pomeriggio la task force ha voluto rispondere: “Sono arrivate critiche dai colleghi, quei medici dai quali non mi aspettavo critiche fatte senza essere sul campo – ha detto Testi –. Ci siamo sentiti un po’ colpiti alle spalle in battaglia”. La replica dell’Anaao, dirigenti medici: “Noi non diamo la colpa a quelli che erano sul campo. Diamo la colpa a voi che dovevate dirigere da dietro una scrivania. Che dovevate dare i camici idrorepellenti e le protezioni agli operatori sanitari ed i caschi Cpap (respiratori, ndr) ai pazienti. Che dovevate sorvegliare le Rsa invece che trasformarle in obitori. In battaglia ci vanno da sempre solo i soldati, non i generali. Noi siamo stati colpiti alle spalle, ancora una volta.”. Per l’ex pm Rinaudo le critiche sono “fondate sulla sabbia”.

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