giovedì 13/02/2020
IL GUARDASIGILLI: “IL SISTEMA REAGISCE CONTRO CHI VUOLE CAMBIARE LE COSE”

Alcuni grillini lo avevano sussurrato a nomina ancora calda: “Da capo delegazione nel governo Alfonso sarà più forte nelle trattative, ma anche un bersaglio più evidente”. E Alfonso è ovviamente Bonafede, Guardasigilli a 5Stelle condannato suo malgrado a essere miccia, delle crisi di governo o presunte tali. Oppure reiterato colpevole, a sentire i renziani tutti ma anche certo Pd.
Di sicuro la scorsa estate Matteo Salvini affondò il governo gialloverde pochi giorni dopo un difficilissimo vertice sulla giustizia a Palazzo Chigi, e lo stesso Bonafede lo ha poi rivendicato, più volte: “La verità è che Salvini ha staccato la spina perché non voleva la mia riforma della giustizia”. E la portata più indigesta era sempre quella, la prescrizione, bandiera e croce del numero due di fatto del Movimento. Un pretoriano di Luigi Di Maio, che però negli scorsi mesi era rimasto perplesso da certe scelte dell’allora capo politico: e la rivalità tra il leader e il premier Conte c’entrava, visto che è Bonafede ad aver portato nel M5S l’avvocato. Ma ora sono tornati in asse, i due ministri. Proprio adesso che Di Maio non è più capo e che Movimento e governo navigano con bufera fissa. Tanto a starsene tra i cavalloni prima di tutti c’è sempre lui, il Bonafede che ieri ha dovuto fare i conti pure con la sentenza con cui la Consulta ha bocciato l’applicazione retroattiva della Spazzacorrotti, l’altro totem del ministro. E i renziani e le opposizioni a esultare, e il Movimento a fare muro. “Quelli di Italia Viva non passeranno” giura un big a tarda sera, perché la giustizia e Bonafede, rigorosamente in coppia, sono l’ultima trincea, uno specchio in cui riconoscersi per il Movimento che di questi tempi fatica a ricordarsi cos’è. Soprattutto, perché governa un Paese assieme al Pd e, fino a voto di fiducia contrario, assieme a Renzi. E non è mica una domanda retorica, forse è il nodo principale su cui i grillini se le diranno ad alta voce negli Stati generali, il primo congresso della loro storia che si terrà dopo Pasqua. Nell’attesa bisognerebbe restare a galla, cioè governare. E nel Palazzo dove si gioca la partita, a guidare i 5Stelle è Bonafede, capo delegazione al posto del Di Maio che si è fatto di lato, subentrato anche per la rinuncia del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli che non voleva una conta sul suo nome. Bonafede, invece, il ruolo lo ha ottenuto per acclamazione interna, ma deve guardarsi le spalle più di prima. In serata, con le agenzie che raccontano la solita guerra, il ministro lo dice ai suoi: “Trovano qualsiasi pretesto per attaccarmi, questo è il sistema che reagisce a chi prova a cambiare le cose. Se vogliono provocare continuino pure, noi continuiamo a lavorare”.
E anche qui è un rivendicare la natura originaria del Movimento, quello che prometteva scandalo scardinando vecchi codici ed equilibri. Ma Bonafede deve essere uomo di lotta e di governo. Quindi il lodo Conte sulla prescrizione, nelle sue varie formule, va bene al Guardasigilli, che qualcosa è pronto a concedere. Ma qualcosa non basta al Renzi che deve ricordare a tutti che esiste, quindi urla e graffia. E dagli sempre contro Bonafede, il bersaglio grosso.
