domenica 19/01/2020

 

“Chi si frega le mani è quel ‘centro’ liberal-democratico composto da Matteo Renzi e Carlo Calenda destinati a convergere, chiosa Pier Luigi Bersani, ‘sotto il simbolo di Narciso’”.

Salvatore Cannavò, “Il Fatto Quotidiano”

 

Carlo Calenda ispira simpatia, come tutti gli estroversi che non si nascondono dietro le parole o su Instagram (l’installazione “Calenda e il cigno” compete con la “Leda” michelangiolesca quanto a forme ed espressività). Del resto, come si fa a non provare ammirazione per uno che a 11 anni recitava sotto la regia del nonno Luigi Comencini e capace di tatuarsi uno squalo sul braccio il giorno prima delle nozze e non completamente da sobrio? Da quando ha fondato “Azione” il nostro brilla per presenzialismo nei talk dove agita la Durlindana cercando di farsi largo tra destra e sinistra. Quando l’ho incrociato, ho avuto modo di percepire una certa non dissimulata acrimonia verso tutti coloro che non erano Calenda, e spiccatamente nei confronti di Matteo Renzi di cui pure è stato apprezzato ministro. Atteggiamento comprensibile visto che i due hanno deciso di cercare spazio (e sopravvivenza) in quel mitico centro che, come l’Araba Fenice, dove sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Purtroppo, secondo i più recenti sondaggi, il centro sta diventando un centrino, come certi indumenti privi di ammorbidente e strapazzati dalla lavatrice. Così che mentre Italia Viva arranca tra il 4 e il 5 per cento, l’uomo del cigno non riesce a schiodarsi da un ingiusto 2 per cento che già lo ricolloca di diritto nel prossimo cast di Maurizio Crozza. Ma poiché la fortuna aiuta gli audaci, ancorché a corto di voti, con le porte del proporzionale che la Consulta ha spalancato bocciando il maggioritario alla Salvini, i Narcisi hanno fatto due più due decidendo di convergere su liste comuni, a cominciare dalle prossime Regionali in Puglia. Poi si vedrà. Ci sarebbe, è vero, il piccolo problema chiamato Google. Dove si possono agevolmente rileggere tutti gli insulti che la strana coppia non ha fatto altro che scambiarsi negli ultimi mesi. Leggiamo a caso: “Calenda a muso duro contro Renzi dopo l’Umbria: ‘È senza vergogna’”. Pronta la replica dello statista di Rignano sull’Arno: “Se ascoltavamo te a quest’ora Salvini era al governo”. Oppure: “Ai tempi del governo Renzi, noi ministri lo prendevamo in giro da morire. Però a bassa voce perché era piuttosto vendicativo”. E ancora a proposito di Renzi, reo ti trascorrere le giornate a “sparare” sul governo che ha promosso: “Se lo avessi fatto per la salvezza del Paese non avresti fatto la scissione dopo il giuramento dei ministri”. Non fa una grinza. Il Calendario antirenziano non finisce certo qui ma, ammettiamolo, questo rinvangare il passato può sembrare abbastanza meschino di fronte alle magnifiche sorti e progressive del centro centrino. E di un’alleanza che potrebbe chiamarsi Azione Viva o Italia Azione oppure Viva l’Azione, proiettata a superare il probabile sbarramento del 5 per cento per poi giocarsi le proprie carte, “prezzemolo indispensabile in qualunque combinazione di governo” (Angelo Panebianco). Se poi malauguratamente non dovessero farcela, gli resterebbe pur sempre il cigno. Da fare arrosto.

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