venerdì 17/01/2020

OK AL PIANO DA 7,4 MILIARDI. DE MICHELI DIFENDE LA NORMA DEL MILLEPROROGHE

Nel governo è ormai opinione condivisa: solo Atlantia, o meglio il suo azionista di controllo, la famiglia Benetton, può evitare la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Tanto più che anche il Pd si è convinto che sia l’unica strada possibile, stante la chiusura finora manifestata dal colosso a qualsiasi seria ipotesi di compensazioni dopo il disastro del Morandi di Genova. Ieri Aspi ha fatto il primo passo, presentando le “linee guida” del piano industriale 2020-2023. In sintesi: più fondi per investimenti e manutenzioni, i primi – sostiene – vengono “quasi triplicati” rispetto al quadriennio precedente (da 2,1 a 5,4 miliardi), i secondo aumentati del 40% a 1,6 miliardi; le buone intenzioni passano anche da mille assunzioni e un sistema digitalizzato per monitorare in tempo reale i viadotti. Nessuno crede davvero a questi numeri, ma è il segnale che il colosso è pronto a ridurre l’incredibile redditività garantita dalla generosa concessione, che non trova pari in nessun altro settore, e che tiene a galla la controllante Atlantia. Non basta, però.

L’unica possibilità per i Benetton è aprire a una pesante riduzione delle tariffe, garantire un rilevante aumento di investimenti e manutenzioni rinunciando a gran parte del miliardo di utili l’anno che Aspi garantisce e a un pezzo dei 2800 km di rete in gestione (nel mirino ci sono le tratte del Nordovest). Le divisioni all’interno della famiglia hanno portato allo scontro frontale col governo, mentre il debito di Aspi e Atlantia è stato declassato da tutte le agenzie di rating a livello spazzatura.

Sia il Pd che i 5Stelle sono ormai compatti sulla revoca. Al netto dell’opposizione dei renziani di Italia Viva, il problema è come arrivarci. Sicuramente sarà dopo le elezioni regionali. Ieri la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli (Pd) ha difeso in audizione alla Camera la norma del decreto Milleproroghe che cambia i meccanismi di risarcimento per revoca della concessione applicando a tutte le concessionarie quanto previsto dal codice degli appalti: via il mega-indennizzo previsto grazie alle clausole regalo del 2007-08, giudicate nulle anche dalla Corte dei conti visto che violano il codice civile. In caso di revoca la rete passerebbe temporaneamente all’Anas in attesa di individuare via gara il nuovo concessionario.

Atlantia, i suoi azionisti e quelli di Aspi hanno già scritto a Bruxelles denunciando la modifica unilaterale del contratto, citando il precedente del 2006, quando la Commissione avviò una procedura di infrazione per il tentativo del governo Prodi di modificare il sistema concessorio.

Per De Micheli si tratta di una norma sacrosanta che non viola la Costituzione: “Elimina con una disposizione di legge una situazione di privilegio attribuita, sempre per legge, ad alcuni concessionari – ha spiegato – non vi è stata alcuna violazione del principio pacta sunt servanda”. Semplicemente finora non esisteva una regolamentazione in caso di revoca per grave inadempimento del concessionario, come nel caso del Morandi: “C’è solo l’esigenza di assicurare che l’inadempimento degli obblighi assunti determini conseguenze anche per il patrimonio dell’inadempiente così come previsto per la generalità dei consociati e non già un fatto del tutto neutro”. Insomma, se sbagli paghi. E non è affatto detto che ad Aspi debba andare anche l’indennizzo per gli investimenti non ammortizzati (si parla di 7 miliardi): “Potrebbe essere assorbito interamente dal risarcimento dl concessionario per il danno arrecato.

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