venerdì 17/01/2020

IL DOSSIER

AVELLINO – IL GIUDICE FURIOSO: “MAI SOSTITUITO UN JERSEY A RISCHIO”, COME QUELLI DEL DISASTRO ACQUALONGA. “SOLO ISTANZE SISTEMATICHE E INUTILI…”

Sarebbe una vera e propria strategia dilatoria, quella adottata da Autostrade per l’Italia (Aspi). Strategia “che sta purtroppo determinando un ingiustificato rallentamento degli interventi di sostituzione delle barriere laterali in sequestro” su ordine della magistratura di Avellino, perché i sistemi di ancoraggio non sono a norma, e i new jersey (le barriere) potrebbero cedere in caso di un impatto simile a quello che nel 2013 provocò i 40 morti intrappolati nel bus precipitato dal viadotto di Acqualonga. “Tanto che ad oggi – come evidenziato dall’ufficio di Procura – neppure una sola delle barriere oggetto di sequestro è stata sostituita”. Nemmeno una. A quasi otto mesi dai primi sequestri sui viadotti della A16 in Irpinia. A dispetto di recenti comunicati trasudanti soddisfazione per l’ottenimento dei primi dissequestri, e delle continue rassicurazioni che la sicurezza della rete viaria autostradale sta migliorando. Nemmeno una barriera ‘a rischio’ è stata cambiata. Lo scrive il Gip Fabrizio Ciccone, quello che ha lanciato l’allarme sulla tenuta dei piloni del viadotto Cerrano sulla A14 (“c’è stato uno spostamento di sette centimetri, bisogna impedire il passaggio dei mezzi pesanti”) e che ora bacchetta severamente l’operato di Aspi.

L’OBIETTIVO

Prima ottiene il dissequestro dei ponti della A14, poi cerca di allargare la carreggiata per riaprire le due corsie

La critica del giudice si riverbera sul pool di avvocati e tecnici che cura, in maniera legittima e nell’interesse di Aspi, i rapporti con la Procura di Avellino guidata da Rosario Cantelmo e con l’Ufficio tecnico ispettivo (Uit) del ministero delle Infrastrutture, diretto dall’ingegnere Placido Migliorino, che vigila sulle concessioni autostradali del centro sud.

Il dottor Ciccone ce l’ha con la loro “sistematica presentazione, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, di istanze di dissequestro parziale per ottenere l’autorizzazione alla modifica delle modalità di cantierizzazione già concordate con i competenti uffici ministeriali”. Vengono respinte dopo il parere negativo del pm, riproposte quasi identiche, respinte di nuovo. Un loop che di fatto ha stoppato, ancora prima che cominciassero, i lavori faticosamente stabiliti tra le parti in campo.

Per capire fino in fondo la portata di queste poche righe a firma del Gip, bisogna fare un passo indietro al 20 dicembre. A partire da maggio e fino a quel giorno Aspi ha subito una serie di sequestri di new jersey di viadotti tra la Campania, le Marche, l’Abruzzo e altre località. Poche decine, ma secondo un rapporto dell’Uit sarebbero 1600 i viadotti con barriere non a norma, e 310 quelli sui quali intervenire con urgenza perché di rischio ‘fascia 1’. Poco prima di Natale però Aspi annuncia che finalmente la Procura ha “accolto l’istanza relativa al dissequestro delle barriere di sicurezza bordo ponte di dieci viadotti lungo le autostrade A14 e A16”. L’Adriatica e la Napoli-Bari.

“Il dissequestro temporaneo – si leggeva nella nota – consente alle competenti Direzioni di Tronco della società di procedere immediatamente con i lavori di cantierizzazione necessari per la sostituzione delle barriere di sicurezza. Gli interventi verranno svolti secondo le modalità indicate dagli uffici tecnici del Mit”. I cantieri dovevano partire entro il 23 dicembre.

Queste righe vanno chiarite. La magistratura non ha deciso il dissequestro delle barriere perché il pericolo è stato eliminato. Lo ha disposto per dare luce verde ai lavori per la loro sostituzione, secondo un protocollo concordato tra Aspi e Uit, sul quale Procura e Gip hanno dato l’ok. Un protocollo che però, a leggere le tre pagine sottoscritte dal Gip il 14 gennaio, non sarebbe rispettato. Aspi, ottenuto il provvedimento favorevole, avrebbe chiesto di aprire il cantiere piazzando barriere di sicurezza provvisorie a solo 1.60 metri dai new jersey sequestrati. Questo per riaprire la corsia di marcia di cui veniva disposta la chiusura insieme al sequestro dei new jersey, restringendo la carreggiata e rallentando il traffico.

L’ingegnere Migliorino ha risposto che questo non è possibile. Questo tipo di barriere provvisorie ha caratteriste tecniche per uso da spartitraffico. Ma se messe a bordo ponte, devono essere piazzate ad almeno 3.15 metri, altrimenti “non consentono di raggiungere gli standard di sicurezza certificati dai crash test”. Ma così non si recupera la corsia.

Un tira e molla in più istanze “senza alcun elemento di novità”. Che ha spazientito il Gip. Intanto le barriere da cambiare restano lì.

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