sabato 14/12/2019

PALAZZO CHIGI

SULLA NOVE – I CONSIGLI DEL PREMIER A DI MAIO: “SERVE RINNOVAMENTO”. E AVVERTE GLI ELETTI CHE PENSANO ALLA SCISSIONE: “NON DESTABILIZZATE”

di  Paola Zanca 

Le turbolenze sopra il cielo di Ciampino, quelle che lo hanno costretto a ritardare l’atterraggio al rientro dal Consiglio europeo di Bruxelles, non le ha sentite. Dormiva, il premier Giuseppe Conte, piuttosto provato dalla trattativa sul fondo Salva Stati, finita con il rinvio che l’Italia voleva. Ma le altre di turbolenze, quelle che assillano la maggioranza di governo, le sente eccome. E non nasconde che la fuoriuscita di tre senatori, l’altro ieri, sia un elemento di preoccupazione collettiva. Sa, Conte, che “le fibrillazioni interne” ai partiti che lo sostengono rischiano di rompere il fragile equilibrio di cui si è fatto garante a palazzo Chigi. E sa pure che, oggi, il guaio più grosso siede a casa del movimento che al governo lo ha portato, quello guidato di Luigi Di Maio. Così, ospite di Accordi e Disaccordi sul Nove, si premura di mandare due messaggi piuttosto chiari.

Il primo è rivolto allo stesso Luigi Di Maio: “Nel M5S c’è una situazione complessa”, in cui si stanno “manifestando sofferenze”. Così, aggiunge il premier, “ho suggerito a Di Maio di dare segnali di rinnovamento”, passando da “una riorganizzazione, da una ristrutturazione”. Un consiglio, evidentemente non richiesto, che arriva nel giorno in cui i Cinque Stelle completeranno la scelta dell’annunciato “team del futuro”. E che, anche se Conte non lo dice, deve sembrare insufficiente a superare la crisi che ha colpito Di Maio e i suoi. Soprattutto se, e questo Conte lo dichiara alle telecamere, dall’altra parte il Pd “mostra maggiore compattezza e unitarietà”. Dalle parti del ministro degli Esteri non gradiscono affatto: “Non si rende conto che così soffia sul fuoco?”, è la reazione degli uomini vicini a Di Maio.

Eppure a palazzo Chigi sono convinti di aver detto un’ovvietà: perché è naturale che un partito che ha da poco subito una scissione – il Pd fresco di addio dei renziani – sia più “compatto” del Movimento, che invece è in fase di riorganizzazione e porta in pancia malumori e risentimenti, che spesso arrivano anche direttamente alle orecchie del presidente del Consiglio e che gli fanno dedurre che per Di Maio non sia il momento di usare “il pugno duro”.

Per questo Conte, di messaggio, ne lancia anche un altro. E stavolta è indirizzato a quel “partito dei contiani” che da qualche mese scalda i motori in Parlamento. Deputati e senatori convinti che non avranno possibilità di rielezione con i Cinque Stelle e che spingono per formare un gruppo esterno al Movimento: “Se ci sono alcuni parlamentari che pensano a un partito di Conte – chiarisce il premier – dico di non pensare a prospettive del genere, dobbiamo lavorare all’oggi, lavoriamo qui, lavoriamo alle riforme. Dobbiamo stabilizzare e non destabilizzare”.

La questione è tutta qui: a palazzo Chigi sono consapevoli del fatto che la scialuppa dei forzisti manderebbe fuori dai gangheri Matteo Renzi e quella dei contiani farebbe implodere Di Maio. Tradotto, per Conte è meglio che rimanga tutto com’è. Anche perché, i problemi arriveranno comunque da fuori: il voto in Emilia-Romagna è ormai dietro l’angolo. Nessuna foto di Narni stavolta, che l’accordo non si è trovato, i Cinque Stelle vanno da soli, e poi non porta neanche così bene. Ma a palazzo Chigi sono convinti che la forza di Stefano Bonaccini, il governatore ricandidato dal Pd, stia proprio nella capacità amministrativa che ha dimostrato in questi anni. Non ha bisogno di endorsement, insomma. È solo per questo che Conte non glielo dà.

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