venerdì 13/12/2019

SCANDALO OPEN – PALAZZO MADAMA 

L’EX ROTTAMATORE FA IL PERSEGUITATO IN UN’AULA SEMIVUOTA. CITA CRAXI E MORO, MA SOLO POCHI FEDELISSIMI SONO RIMASTI AD APPLAUDIRLO

Ci sono Luciano Nobili e Raffaella Paita, Marco Di Maio e Davide Faraone, con l’immancabile Francesco Bonifazi: la piccola folla che circonda Matteo Renzi alla fine dell’intervento in Senato, con una rappresentanza di deputati che fanno da claque, per quei paradossi della realtà illumina la solitudine di un leader, la sua quasi irrilevanza. Un manipolo di fedelissimi, impegnati più in una passerella di rappresentanza, che in una battaglia di principio per la vita della democrazia, contro la “barbarie”, come la vorrebbe il senatore di Scandicci. Non si respira pathos e neanche adrenalina. “A chi volesse eliminarci per via giudiziaria” diciamo che “il diritto e la giustizia sono cosa diversa dal peloso giustizialismo e dalla connessione con certi strumenti di comunicazione e di stampa”, scandisce Renzi, concludendo il suo intervento in Senato, all’interno di un dibattito sul finanziamento alla politica, da lui voluto, a partire dalla vicenda giudiziaria della sua fondazione, Open.

L’Aula è semivuota, manca l’amico-nemico Matteo Salvini, ogni tanto applaudono un po’ tutti (senza esagerare) tranne M5s. Un Pd che più che intervenire vorrebbe sparire, lascia a Luigi Zanda l’onere di difendere il finanziamento pubblico dei partiti (che non c’è più). Il 5 Stelle Primo Di Nicola torna a chiedere una commissione d’inchiesta sul tema. Per Renzi, una prova di esistenza in vita, senza una strategia precisa, se non la ricerca di uno spazio politico, che guarda a una Forza Italia in via di dissoluzione, a un centro non ben identificato. Si dipinge come vittima della violazione del segreto d’ufficio (il prestito per l’acquisto della sua villa raccontato dall’Espresso ) e perseguitato per le sue opinioni politiche, stigmatizza la presunta volontà dei magistrati di decidere cos’è un partito.

Inizia subito dopo le 10, Renzi. Vestito scuro nuovo, camicia bianca. Ha dei fogli davanti a sè, ma ad ogni passaggio significativo guarda lo smartphone. Accanto a lui, Bonifazi e Teresa Bellanova, che lascia i banchi del governo. “Questo dibattito affronta la separazione dei poteri tra il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario”, definisce la cornice. Poi, si paragona ad Aldo Moro e a Bettino Craxi. “Nel 1977, il presidente Aldo Moro alla Camera dei Deputati disse ‘Non ci lasceremo processare nelle piazze’”. Il riferimento è allo scandalo Lockheed che portò alle dimissioni del presidente della Repubblica, Giovanni Leone. Vent’anni dopo venne verificata l’insussistenza delle accuse ai danni dell’ex inquilino del Quirinale. Affronta un tabù il fu Rottamatore quando dice che Bettino Craxi, il 3 luglio del 1992, pronunciò un discorso” in cui “chiamò in causa tutto l’arco costituzionale e disse che larga parte del finanziamento ai partiti era illecito o irregolare”.

Il tentativo di elevarsi a personaggi peraltro diversissimi nella percezione comune (Moro, un tragico eroe della democrazia, che poco dopo quel discorso venne rapito dalle Brigate Rosse e Craxi, l’emblema della corruzione della politica, che ne portò le stigmate fino alla morte ad Hammamet) nelle parole di Renzi è evidente. Nonostante la negazione che afferma: “Tra me e loro c’è una differenza profonda di levatura”. Con un triplo salto mortale, prova a ricordare quegli eventi in difesa di Open. “Nello scandalo Lockheed si parlava di una tangente, vera o presunta, milionaria; nel 1992 si poneva in discussione il finanziamento di tutto il sistema dei partiti”. Invece, qui “si parla di contributi regolarmente registrati, bonificati e tracciabili”. Ancora, per paradosso, Renzi evoca un’età grandiosa della politica che non c’è più, di fronte a una vicenda comunque marginale, di (presunta) inopportunità politica, nella quale di grandioso c’è ben poco.

Passaggi rivelatori: Renzi evoca i telefonini sequestrati dai finanzieri. Cosa troveranno? La domanda aleggia. Niente sull’uso dei finanziamenti per Open. Fuori dall’Aula, Renzi annuncia il passaggio di Davide Bendinelli da Forza Italia a Italia Viva. Abbozza scenari politici. Tempi troppo confusi, pure per definire una traiettoria.

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