Ilario Lombardo
roma
Luigi Di Maio ha due, massimo tre mesi di tempo per salvare se stesso. E per farlo dovrà diluire la propria leadership, allargarla a una squadra che lo affiancherà, come lui stesso aveva promesso ormai quasi un anno fa. Giorno più, giorno meno, è la deadline decisa con Beppe Grillo. Anche se sarebbe più giusto dire che il comico l’ha imposta, assieme a una precisa road map organizzativa, come unica alternativa al siluramento del capo politico. Dell’ormai famoso faccia a faccia dell’Hotel Forum di Roma del 23 novembre emergono nuovi dettagli, utili a comporre il puzzle di un rapporto mai del tutto chiarito anche per le versioni contraddittorie fornite dalle diverse fonti.
Da Genova il garante del M5S si tiene informato su tutto e per quanto può cerca di sminare le grane più esplosive per il governo. Come quando ha fatto arrivare a Conte e a Di Maio la sua preoccupazione per l’ex Ilva di Taranto, chiedendo a sorpresa non la chiusura, come qualcuno si sarebbe aspettato, bensì di salvare i posti di lavoro. 
Nelle ore che hanno preceduto l’incontro con Di Maio, Grillo fa un po’ di telefonate, per capire che risposta dare alla domanda che lui per primo si fa da tempo: «Cosa vogliamo fare con Di Maio?». Gli arrivano le lamentele di Roberta Lombardi e Paola Taverna, le voci a sostegno di Stefano Patuanelli come possibile sostituto di Di Maio,i dubbi di Roberto Fico sulle mosse del leader ma anche l’ansia dei ministri pentastellati, da Riccardo Fraccaro ad Alfonso Bonafede spaventati dai continui e sotterranei riferimenti alla crisi di governo. Infine, i resoconti delle spaccature sui diversi scenari di alleanza regionale con il Pd. Grillo sente anche Davide Casaleggio, al quale a giugno, dopo le Europee, nel pieno innamoramento salviniano di Di Maio, aveva offerto la guida del M5S. Il comico vuole anche capire come mai l’imprenditore, custode di Rousseau, si sia avventurato nella decisione presa con il capo politico di mettere in votazione online il tema delle candidature in Emilia Romagna e in Calabria, alle quali è contraria la totalità dello Stato maggiore grillino. 
E così mentre al Forum aspetta il suo arrivo, Grillo è tentato di valutare con Di Maio un passo indietro, consapevole però che potrebbe aprirsi una voragine drammatica. A salvare il leader è questa preoccupazione. Ma a cavare d’impaccio Grillo è proprio il capo politico quando gli mette davanti il progetto del cosiddetto Team del Futuro, che nella terminologia grillina traduce la segreteria politica: «Sulla soluzione dei facilitatori siamo in una fase avanzata. Fammi completare questa organizzazione – chiede – e vedrai che le cose miglioreranno». 
Grillo acconsente ma lo fa calendario alla mano: a dicembre arriveranno i 12 facilitatori (responsabili d’area tematica) più i 6 con funzioni di struttura. Ed è ovvio che secondo il fondatore andrà trovato un giusto equilibrio tra tutte le anime del M5s. Tradotto: niente selezione in base alla fedeltà. La squadra dovrà essere già operativa, prima dell’avvio degli Stati generali che si terranno in primavera. In cambio Di Maio deve concedere molto. Il fondatore chiede: più aperture al gruppo parlamentare, un maggiore coinvolgimento delle competenze (vedi gli eletti senza legami storici con il M5s che lo stesso Di Maio aveva tirato fuori dai collegi uninominali), garanzie sulla tenuta del governo e una collaborazione più serena, per quanto possibile, con il Pd. Un’indicazione sulla quale si sta facendo grande fatica. —