mercoledì 27/11/2019
L’IPOTESI – DI MAIO CHIUDE A ZINGA APPELLANDOSI ALLO STATUTO, MA SI TRATTA SU UN NOME ESTERNO AI PARTITI

Con il Pd nelle Regionali non si può andare, “lo prevede lo Statuto” sostiene Luigi Di Maio. Solo che “non è vero”, ribatte Roberta Lombardi, veterana che le norme a 5Stelle le conosce, visto che è uno dei tre membri del comitato di Garanzia. E il conflitto permanente nel Movimento diventa anche una sfida in punta di regole, quelle che esistono e quelle che ancora non ci sono.
Come le norme per cambiare il regolamento del gruppo del M5S a Palazzo Madama, perché la gran parte dei senatori vorrebbe che l’assemblea diventasse deliberante sulla rotta politica, cioè autonoma, innanzitutto dal capo. Potenzialmente, un ordigno. E infatti ieri pomeriggio il capogruppo Gianluca Perilli e Paola Taverna hanno sminato una riunione apposita (ma poco partecipata), ricordando ai senatori che le “nuove regole prima di essere votate vanno fatte prima vedere a Di Maio”.
Ma anche dentro il Senato rimbalza la contesa sulle Regionali. Perché agli eletti emiliano-romagnoli riuniti a Bologna lunedì scorso Di Maio lo aveva detto così: “Da statuto non possiamo sostenere il candidato di un partito, ne ho parlato anche con Beppe”. Tradotto: ho la copertura di Grillo. Però di buon mattino Lombardi smonta la tesi parlando a Circo Massimo: “Secondo le nostre regole, da statuto non possiamo iscrivere al M5S esponenti di altre forze politiche o di associazioni che abbiano finalità diverse da quelle del Movimento. I regolamenti delle candidature invece vengono portati avanti dal capo politico elezione per elezione, e possono cambiare da una regione all’altra”. Tanto più che emerge un retroscena. Ossia, solo pochi giorni fa Di Maio stava lavorando per le Regionali in Emilia Romagna e in Calabria a una norma che gli consentisse, in qualità di capo politico, di far votare agli iscritti sulla piattaforma web Rousseau un candidato presidente anche non iscritto al Movimento. Ergo, potenzialmente anche del Pd. Perché nemmeno lui aveva le idee chiare. Ma ora ha deciso. Così di mattina ad Agorà insiste: “Siamo aperti alle liste civiche, ma le regionali non devono diventare un referendum sul governo”. Mani libere, insomma. “E smentisco qualsiasi accordo con il Pd in Calabria” aggiunge il ministro. Però dalla regione dove il M5S è allo stato liquido, con la deputata Dalila Nesci che insiste a volersi candidare e gli eletti divisi in mille fazioni, filtra altro. Ossia che un’intesa con i dem su un candidato civico è possibile. Raccontano che nelle scorse ore un paio di deputati calabresi abbiano chiesto al Pd un’alleanza su un nome condiviso, “ma a patto che non presentiate il simbolo”. I dem hanno detto no. Ma si tratta.
L’imprenditore Filippo Callipo rimane un’opzione. E circolano anche altri nomi, come l’ex capo della Protezione civile calabrese Carlo Tansi. Però la confusione predomina. E il presidente dell’Antimafia Nicola Morra in Senato scandisce: “Ormai in Calabria siamo fuori tempo massimo”.
