
grazia longo
roma
Situazione surreale ieri al consiglio comunale di Roma, con Marcello De Vito che è tornato a presiedere l’assemblea capitolina, dopo la fine degli arresti domiciliari. Nonostante l’accusa di corruzione, in uno dei filoni dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma calcio, per cui verrà processato a dicembre, il pentastellato De Vito si è seduto tranquillamente sullo scranno più alto dell’assemblea capitolina. Gli hanno chiesto di dimettersi ma lui ha respinto la proposta: «Se volete destituirmi raccogliete 24 firme». Ha iniziato il suo intervento con una sua battuta in latino, «Heri dicebamus», ovvero «dove eravamo rimasti». Ma tra Marcello De Vito ed Enzo Tortora, che usò le stesse parole riprendendo la guida della trasmissione Portobello dopo un’ingiusta detenzione, ce ne passa. Qui siamo di fronte a un caso di opportunità politica. Come gli ha fatto notare anche un collega del M5S. Enrico Stefàno, esponente di spicco dei grillini romani, ha sfidato gli applausi del pubblico e di una parte dell’assemblea e ha chiosato: «Non ho nulla di personale nei suoi confronti dal punto di vista umano, sono felice di vederla qui, ma il suo è un ruolo molto delicato, di rappresentanza non solo dell’aula ma attraverso l’aula di tutta Roma, è inevitabile una sua riflessione perché il ruolo è delicato ed è opportuno riflettere sul ruolo che si ricopre, soprattutto nell’ottica più grande di comunità e città che si rappresenta». Ma i grillini sono spaccati e un un’altra Cinque Stelle, Monica Montella, ha difeso De Vito: «Se stiamo facendo un ragionamento di legalità lo facciamo per tutti. Bordoni, segretario d’Aula è stato indagato e non ha detto niente nessuno, adesso tutti ci meravigliamo per questa situazione. Questa ipocrisia mi fa schifo».
Le regole, va detto, sono dalla parte del presidente contestato: «Ai sensi della Legge Severino a seguito dell’ordinanza di revoca degli arresti domiciliari per Marcello De Vito decade la sospensione della carica di consigliere e presidente dell’Assemblea capitolina». Ma resta la questione dell’opportunità politica. Come ha ribadito il capogruppo FdI Andrea De Priamo: «Per motivi politici mi sento di chiederle di valutare l’opportunità politica della sua permanenza come presidente dell’aula». Idem per il capogruppo Pd, Giulio Pelonzi: «Comprendiamo la vicenda umana, ma ci interroghiamo sull’opportunità dello svolgimento della funzione avendo un processo da affrontare». Lui è rimasto irremovibile: «Ho verificato il testo, non vedo elementi ostativi alla prosecuzione della seduta odierna. Ribadisco che se verrà presentata una richiesta di revoca con 24 firme verrà messa in calendario». Assente dall’assemblea la sindaca Raggi che però, prima dell’inizio, ha avuto un breve colloquio con il presidente. —
