sabato 16/11/2019

LA CONTROMOSSA – IL CAPO POLITICO ANDRÀ SUI TERRITORI

La segreteria politica e il congresso mai e poi mai: “Chi vuole stare in un partito esca, il M5S non lo è e non lo diventerà mai”. E porte chiuse anche a un terzo mandato per i parlamentari: “Non ne abbiamo mai parlato. Anzi, mi rendo sempre più conto che la regola dei due mandati funziona, perché permette un ricambio”. Luigi Di Maio è il capo di un Movimento con l’aria stanca e tanti mal di pancia, ma non cambia rotta, riparte dalla sua riorganizzazione, dalla sua risposta a big e soldati semplici che gli chiedono di cedere potere. “Il M5S ha bisogno di maggiore collegialità, io non posso più decidere da solo e a dicembre nascerà il primo team di facilitatori” rilancia da Accordi & Disaccordi.

È stufo di molte cose, e in una diretta Facebook, appena atterrato da Washington, annuncia: “Voglio uscire da questi palazzi, non sopporto più il politichese”. E le persone a lui vicine traducono: nelle prossime settimane Di Maio sarà molto di più sui territori, come farà in questo fine settimana in Campania. Ci andrà spesso nella sua terra, perché lì vuole presentare una lista per le Regionali in primavera, più o meno come intende fare in Puglia e in Veneto. “Ma Luigi andrà un po’ dappertutto” assicurano. Per esempio il prossimo fine settimana sarà in Sicilia. Perché è convinto di doversi riprendere il Movimento anche così, con un tour da M5S vecchio stile: discutendo con gli attivisti e ascoltando gli umori della gente che spesso non capisce più cosa siano, questi Cinque Stelle. E magari pensa di poter gareggiare anche così con il Salvini che dove si vota mette la tenda.

Ma il Di Maio che si sofferma “sull’uscire dai Palazzi” si rivolge di fatto anche ai suoi. “Invece di criticare sempre fuori microfono qualcuno dovrebbe cominciare a metterci la faccia, a girare per i territori come fa Luigi” ringhia un dimaiano. Esporsi, anche altrove. Così anche un altro messaggio lanciato ieri dal ministro degli Esteri – “andrò più spesso in tv” – può essere letto come un riferimento a certi maggiorenti che da un po’ di tempo evitano le televisioni. Scelta notata dal capo politico. Quello che a certi malpancisti indica la porta: “Se continuiamo con quel linguaggio sugli organi direttivi e gli organi decisionali ci trasformiamo in un partito. Chi vuole trasformare il M5Sin un partito vada in uno di quelli già esistenti o che stanno nascendo. Oggi ad esempio è il giorno di Calenda”. Però sul tappeto i problemi ci sono, è innegabile. Durante Accordi & Disaccordi gli ricordano dei gruppi parlamentari che spesso vanno in un’altra direzione e il ministro si difende così: “Non ho mai avuto il potere di imporre ai gruppi qualcosa. I capigruppo sono elettivi e sarebbe anche ora di eleggerlo alla Camera: ma io sono sempre in linea con le decisioni del gruppo”. Per lui la collegialità arriverà con la riorganizzazione.

Altro non vuole concedere. Ufficialmente neppure a Matteo Salvini. “La definizione di Cazzaro verde in questo momento storico è utile” sorride citando il titolo del libro di Andrea Scanzi. E chissà a chi si riferisce quando tiene a precisare: “Non ho mai venduto una bibita al San Paolo, ci tengo a dirlo, facevo lo steward nella tribuna autorità. Le bibite c’è chi le vende e chi abusa di quelle alcoliche…”. Era un po’ di tempo fa, e Di Maio dovrebbe governare il Paese. “Non sovraccarichiamo il voto in Emilia Romagna” prova a sostenere, mentre fa melina sulla lista a 5Stelle: “Dobbiamo decidere, ma non è uno scandalo dire che è meglio presentarsi dove siamo pronti. Però nessuno dei nostri vuole un’alleanza con il Pd”. Il partito con cui governa, per forza.

© 2019 Editoriale il Fatto S.p.A. C.F. e P.IVA 10460121006