sabato 09/11/2019

Copiosamente pralinato di un sudore rancoroso, lucido come un sanitario di media fattura e sempre fiero di quel capino gioiosamente implume, Alessandro De Angelis ci ha fatto sognare anche giovedì sera a Piazzapulita. Egli, del resto, vive o per meglio dire pascola e pastura in tivù. A inizio carriera era un retroscenista, branca inutile del giornalismo che esalta solo lui e consiste sostanzialmente nel farci sapere se Renzi ordini alla buvette il cornetto alla crema o alla sugna. Meglio ancora apprendere, magari da qualche riottoso 5 Stelle durante la minzione, che Paola Taverna ci ha la rogna e Nicola Morra colleziona pitoni sgozzati vivi a morsi. Insomma roba forte, nonché altamente pregnante, di cui lo sbarazzino Alessandrino un tempo viveva.
Oggi invece De Angelis, squisitamente privo di pubblico e idee, non è niente: solo che nessuno ha il coraggio di dirglielo. Così va in tivù per fingersi politologo. Dotato di una visione generale originale come un singolo minore di Ligabue e forte di un eloquio avvincente come un gargarismo abortito di Giusy Ferreri, De Angelis è uno dei più instancabili salviniani in forza al centrosinistra giornalistico: una sorta di Marianna Aprile uomo, il che – capite bene – è un gran bello sbocco professionale. Durante il Salvimaio frantumava le gonadi in servizio permanente straparlando di fascismo e incompetenza. Ora che il suo amato Salvini non è al governo lui fa di tutto per rimandarcelo, bombardando pretestuosamente e a caso il Mazinga. De Angelis odia mortalmente i 5 Stelle, quasi che da piccolo Di Maio e Patuanelli gli avessero strappato a ciocche l’antico crine alfin fuggito. Due sere fa, il nostro Marianno ha toccato epiche vette lisergiche, trattando il ministro del Sud Provenzano neanche fosse Mengele. Persino Formigli, mai tenero con Conte I & II, ha cercato di frenarlo. Macché: sempre più madido e pralinato, De Angelis infieriva sul povero Provenzano con violenza e gratuità aberranti. Faceva pure il gradasso, approfittando della minore esperienza catodica dell’ingenuo giovine ministro, reo (secondo Marianno) di esser prono ai 5 Stelle (e te pareva) sul caso Ilva. Un caso di cui ovviamente De Angelis non sa nulla, ma di cui lui discettava lividissimo, alludendo a misterici retroscena (eddai) a lui e solo a lui noti. Per il mai retorico e sempre rutilante De Angelis, Provenzano era addirittura di fronte a un bivio: da una parte il bene supremo del Paese, dall’altra l’oscena subalternità a quei minchioni tonnati dei grillini. Per questo Lui, autoproclamatosi depositario della democrazia per mancanza di testimoni e di neuroni, esigeva dal ministro nondimeno che la pubblica abiura. Uno spettacolo comico, aberrante e repellente. L’indomito Marianno era proprio un fiume moscio in piena: sbuffava, cianciava, sbraitava.
E pretendeva pure di saperne più di Provenzano su come fosse andata la serata del Consiglio dei ministri. Sedie che volavano, urla, guerriglia: più che una seduta politica, un sanguinoso Ok Corral. Chiaramente De Angelis non citava né fonti né pezze d’appoggio, lasciando che l’ormai defunto retroscenismo subisse grazie a lui l’oltraggio osceno del vilipendio di cadavere. E il povero ministro, di fronte a quel capino implume che insisteva nel raccontargli un evento al quale lui aveva partecipato e l’altro no, non poteva che teneramente trasecolare. Dicono che Salvini sia riconoscente con gli amici: se davvero così fosse, il Cazzaro Verde non potrebbe non garantire a De Angelis un dicastero di peso nel prossimo Salveloni, perché pochi come lui stanno tirando la volata a questo gran bel centrodestra che non si alza neanche di fronte a Liliana Segre. E che ci ritroveremo presto al potere, grazie anche a fenomeni così. Complimenti, compagno Marianno.
