venerdì 01/11/2019

CINQUE STELLE 

NUOVA FASE – IL CAPO POLITICO PROMETTE GLI STATI GENERALI PER APRILE 2020. SUL PATTO COL PD: NELLA REGIONE DEL SUD AL VOTO, IL CANDIDATO CIVICO AVVICINA PEZZI DEM E DEI 5S

Va ricostruito quasi tutto, questo ormai lo ammette anche lui, il capo. “Il progetto che avevamo dieci anni fa non può più andare bene, dobbiamo costruire una nuova fase decennale, caricarci sulle spalle il simbolo del Movimento” dice Luigi Di Maio all’assemblea dei senatori 5Stelle in un piovoso pomeriggio romano. “Dobbiamo rifondarci” insiste, e ventila per la primavera, attorno ad aprile, degli Stati generali per riscrivere parole d’ordine e rotta politica. Sillabe che fanno rima con quanto detto al Fatto dal veterano Max Bugani, tre giorni fa: “Per il Movimento è finito un ciclo, ci serve un nuovo decalogo”. Di Maio da giorni pensa di rilanciare con un M5S più collegiale. Ma è sul come che resta la distanza.

Per esempio su quella riorganizzazione che per il capo politico è il balsamo che ci vuole, e invece per diversi big e molti parlamentari non può bastare, perché per loro ci vuole altro, una segreteria politica vera. Magari anche “un congresso”, invoca il deputato Giorgio Trizzino, riferimento di un gruppo di inquieti a Montecitorio. E poi c’è il Pd, il coinquilino di governo con cui Di Maio nelle regioni non vuole più avere a che fare, ma chebussa di nuovo alla porta. Con il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che invita i 5Stelle “a sedersi attorno a un tavolo e a confrontarsi sui programmi”. E soprattutto, con l’imprenditore Pippo Callipo che dalla Calabria giura che, per carità, “non ho mai preteso candidature da chicchessia”. Però “sono ancora aperto al confronto con la Calabria sana, non di certo con la partitocrazia che ha rovinato questa regione”.

Traduzione, se si fa un progetto civico, senza simboli di partito, lui c’è. Una mossa che anche nel M5S leggono come ispirata dal centrosinistra per stanare Di Maio, disposto ad accordi almeno con liste civiche. E il capo politico lo ribadisce anche ai senatori, ieri: “Sulle Regioni decideremo tutti assieme cosa fare: ci sono varie opzioni, dal non presentarsi all’andare da soli o allearci con liste civiche”. Ed è quella la via in cui può infilarsi il Pd, costruire civiche per congiungersi al Movimento. Nella Calabria dai troppi guai e dei mille sospetti potrebbe servire per dare una rinfrescata. Ma è difficile. Appena Callipo batte un colpo, il segretario della federazione provinciale del Pd di Cosenza Luigi Guglielmelli si agita: “Se fosse vero che il commissario del Pd della Calabria punta su Callipo per la presidenza della Regione, saremmo ben oltre gli errori commessi in Umbria”. Mentre nel M5S si espone solo il deputato Riccardo Tucci: “Callipo sarebbe il candidato ideale”. Gli altri, anche quelli non ostili al Pd, fanno facce un po’ così: “È una persona perbene, ma ha un’età avanzata e si era già candidato”. Bene così, per il Di Maio che di accordi con i dem non ne farebbe neppure uno, neanche per interposta civica. In assemblea qualcuno gli contesta la campagna elettorale insufficiente in Umbria, e lui è sbrigativo: “L’ha gestita il gruppo regionale”. Fuori, i suoi ragionano: “Abbiamo già donato troppo sangue per il Pd, il Movimento si deve riposizionare”. Meglio recuperare lo zoccolo duro degli ostili ai dem e cercare voti al centro. Quindi, tutto chiuso con il Pd? I dimaiani fanno sì con la testa. E tornano a puntare il dito in direzione di Palazzo Chigi: “Se proprio si volesse insistere su questo progetto, allora dovrebbe scendere in campo Giuseppe Conte, fare da vero federatore”. Insomma, “sporcarsi le mani”. Non può essere Di Maio, per storia e idee, a portare il Movimento stabilmente nel centrosinistra. Lui è quello del M5S “ago della bilancia”, una Dc 2.0. Il centrosinistra da agganciare è un dogma di altri. Del fondatore e garante Beppe Grillo. E del presidente della Camera Roberto Fico, che però capisce quanto sia fragile il Movimento attuale. Così da Napoli precisa: “Il dialogo con il Pd sui punti di governo deve andare avanti, ma poi il locale è un’altra questione, il regionale e il locale non lo sommo mai al nazionale”. Non somma, Fico.

Convinto che la riorganizzazione pensata da Di Maio con i 12 responsabili tematici e i referenti regionali sia un passo utile ma non sufficiente, solo un pezzo della strada da fare. Quella che potrebbe non più condividere il senatore Ugo Grassi, pronto a passare al Misto: “Sto valutando il da farsi”. E in bilico ci sono almeno altri due senatori, nel M5S in cerca di identità.

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