mercoledì 30/10/2019
ADDIO DEM – IL CAPO POLITICO RIUNISCE I PARLAMENTARI EMILIANI E CALABRESI E RATIFICA LA DECISIONE PRESA DOPO LA SCONFITTA IN UMBRIA: “BASTA, CHIUDIAMOLA QUI”

Il capo incontra parlamentari ed eletti locali di Calabria ed Emilia-Romagna, ascolta e prende atto, soddisfatto. Perché soldati e ufficiali del M5S la pensano come il generale, nelle Regioni meglio andare da soli, senza il Pd. Proprio quello che Luigi Di Maio aveva pensato e di fatto deciso nella sera in Umbria: con il Pd nelle Regioni bisogna chiuderla qui.
Raccontano che domenica notte, quando i numeri della disfatta umbra cominciavano a invadere gli smartphone, il capo politico si sia rivolto ad alcuni grillini in un locale romano, dove si teneva la festa di laurea di Paola Taverna. “Sarete contenti, l’avete voluta voi questa alleanza” le sillabe di Di Maio, quello che “io ero il più scettico sul governo con i dem” come ammesso in un post. Ieri, a sconfitta ancora calda, ha suonato le stesse note sul palco del Maurizio Costanzo Show: “Nelle regioni possiamo stare insieme con i movimenti che si occupano di molti temi sul territorio, ma non con le altre forze politiche”. Insomma, liste civiche sì, Pd no. Anche se il premier Giuseppe Conte e gran parte dei big in queste ore gli hanno chiesto di pensarci, di riflettere. “Magari Luigi non vedeva l’ora di farla naufragare questa ipotesi” sibila un veterano neanche ostile al capo. Perché è vero, i gruppi parlamentari vanno quasi per conto loro e di nemici Di Maio ne ha in quantità. Però, nel M5S dove si continua a parlare di documenti in preparazione ostili al leader e di lettere per chiedere un’assemblea, alcuni stanno rimodulando la linea.
Di Maio in fondo può restare anche capo, soprattutto perché di alternative in campo non ce ne sono. L’importante è che accetti una segreteria politica, con cui decidere tutto. E la riorganizzazione con il team del futuro e i referenti regionali non può bastare, “è un progetto che nasce già sgonfio” borbotta un senatore. Proprio lì, a Palazzo Madama, la voce critica Gianluigi Paragone esorta a chiudere la cronica contesa su Di Maio: “Inutile perdere energie a mettere in discussione Luigi, quando lo chiami lui c’è sempre”. Vallo a spiegare a quella massa di deputati malpancisti che alla Camera litiga da settimane sul nuovo capogruppo. Così in serata alla riunione dei grillini a Montecitorio si palesa il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà: “Serve responsabilità, bisogna trovare una sintesi”. Anche perché per gestire la manovra serve eccome, un capogruppo.
Nel frattempo Di Maio è arrivato in Senato. Lo aspettano le riunioni con gli eletti di Emilia Romagna e Calabria per fare il punto sulle Regionali del 26 gennaio. E l’indicazione degli emiliani è chiara: “Gli attivisti non vogliono l’alleanza, dobbiamo restare alternativi rispetto ai partiti”. Lo dice in chiaro la vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni: “Siamo tutti concordi, le uniche alleanze che valuteremo saranno quelle con liste civiche”. Poi è il turno dei calabresi. Mentre entrano il presidente dell’Antimafia Nicola Morra pubblica un post che è un manifesto politico. “Per la Calabria serve più di ciò che oggi possiamo offrire” inizia.
E in un nugolo di critiche (“In una terra governata da mafie e consorterie il M5S avrebbe dovuto essere unito e agguerrito, siamo in estremo ritardo”) lo dice: “Non si ceda a dubbie contaminazioni, il Movimento deve essere aggregante, ma a determinate condizioni”. Quindi no ai dem e sì a liste civiche. In riunione c’è anche qualche eletto calabrese possibilista. Ma il vento tira altrove. Lontano dal Pd.
Emilia Romagna
Con Bonaccini senza logo: è la regione argine alla crisi
Stefano Bonaccini contro Lucia Borgonzoni il 26 gennaio. La sfida sembra cosa fatta, ma le incognite sono sempre quelle: che cosa faranno Renzi e i 5 Stelle? Dalle mosse dell’uno dipenderanno le mosse dell’altro, tenuto conto che il Pd punta da mesi sulla riconferma di Bonaccini e non intende cambiare programmi, nonostante i 5Spreferissero un candidato civico per riproporre l’alleanza. Discorso opposto per Iv, che ha accettato la corsa del governatore puntando però a tener fuori il M5S. Possibile anche che alla fine Bonaccini corra senza simboli di partito,
o che il M5S rinunci al suo. Intanto Salvini è già in campagna elettorale: domani sarà a Parma.
Calabria
Il governatore indagato non vuole farsi da parte
Il Pd lo ha scaricato da tempo – strizzando l’occhio ai 5 Stelle –, ma lui tira dritto verso la ricandidatura. Mario Oliverio, indagato, spera che il risultato in Umbria faccia interrompere i rapporti tra dem e M5Se che il partito torni su di lui. Difficile, in una Regione dove tra l’altro i giallorosa avrebbero ottime possibilità di vincere, puntando su un civico come Pippo Callipo. La data per il voto non è fissata. Il centrodestra intende presentare un candidato indagato nello stesso scandalo in cui è coinvolto Oliverio: Mario Occhiuto, sindaco forzista di Cosenza. Gli alleati, però, prendono tempo e spunta il nome di Abramo.
Toscana
Nardella riscopre Renzi e va con Giani, l’anti-M5S
Nella terra dove Renzi punterà a legittimare le sue liste, il Pd un candidato ce l’ha già, almeno in teoria. È Eugenio Giani, leader dem in Consiglio regionale gradito a Renzi. Il suo nome era stato però indicato prima della scissione di settembre e ora nel Pd qualcuno vorrebbe un nome nuovo. Ma Giani può contare sul sostegno di Dario Nardella, sindaco di Firenze che lo ha ricevuto lunedì. C’è poi il tema alleanze: gli zingarettiani vorrebbero correre con il M5S, Renzi (e Nardella) no. Nel centrodestra dovrebbe correre la leghista Susanna Ceccardi. In Toscana e nelle altre regioni tranne Emilia e Calabria si voterà nella primavera del 2020.
Campania
De Luca torna alla carica per un bis contro i grillini
L’accordo tra centrosinistra e 5Stelle qui pareva possibile, ma ostacolato dall’ingombrante Vincenzo De Luca, nemico giurato dei grillini che ne pretendevano
un passo indietro. Ora però
il Movimento, corteggiato da Luigi de Magistris, ha perso potere contrattuale e il Pd potrebbe scegliere di restare sul governatore-sceriffo grande sbeffeggiatore di Luigi Di Maio. In queste ore, De Luca ha ribadito la sua volontà di presentare un’ampia coalizione di centrosinistra, tenendo fuori gli alleati di governo a Roma. Il centrodestra potrebbe invece puntare sul forzista Stefano Caldoro, già presidente fino al 2015.
Marche
La “scossa” umbra non fa danni all’accordo civico
Le Marche sono la Regione in cui l’intesa Pd-5Stelle ha basi più solide, che potrebbe reggere all’urto umbro. Qui i giallorosa hanno approvato insieme la nuova legge elettorale e qui Matteo Ricci, sindaco dem di Pesaro, ha aperto la giunta ai 5 Stelle. Ieri, Giovanni Costoli, segretario Pd, ha invitato a non buttare tutto all’aria: “In Umbria l’alleanza è stata costruita all’ultimo minuto, calata dall’alto. Ciò che stiamo facendo nelle Marche è qualcosa di diverso”. Possibile allora che si vada avanti per cercare l’intesa. Dall’altra parte, FdI chiede di poter indicare il candidato. In pole c’è Guido Castelli, ex sindaco di Ascoli.
Puglia
Emiliano non ama più i 5S: “Con loro non funziona”
Nelle ultime settimane, Michele Emiliano aveva stroncato l’ipotesi di alleanza con il M5S, a cui pure in passato aveva aperto più di una porta. Ora, dopo la vittoria di Tesei, rivendica: “L’avevo detto che per le Regioni non è fatta bene quell’alleanza. Non funziona”. Via allora a una coalizione di sinistra con civiche e sindaci, con lo stesso Emiliano che si è detto disponibile a confrontarsi con le primarie. E così i 5 Stelle, che speravano in una convergenza su un nome terzo, dovranno probabilmente stare da soli, mentre a destra Giorgia Meloni pretende per sé l’indicazione del candidato: Raffaele Fitto, già governatore fino al 2005.
Liguria
Retromarcia pentastellata: “Corriamo senza alleati”
Dopo la batosta umbra, Alice Salvatore, capogruppo M5S in Regione, ha già smontato i buoni propositi che lei stessa aveva promosso un paio di mesi fa: “Niente alleanze col Pd, noi andiamo da soli”. Intanto Pd, Italia Viva, Articolo 1, Sinistra Italiana e altre forze d’area si sono incontrati per un primo tavolo verso le Regionali. Risultato: Italia Viva si è già tirata indietro dal comunicato congiunto diffuso a fine giornata. Segno che la strada per l’unità è ancora lunga. E così la destra gongola: Toti vuole ricandidarsi, la Lega è d’accordo, ma FI mugugna, ricordando la scissione. Alla fine, la ragion di Stato potrebbe avere la meglio.
Veneto
Con Zaia non c’è partita: ciascuno perderà per sé
Non serviva certo l’Umbria per far sorridere Luca Zaia. Il governatore è già favoritissimo per la riconferma e l’unica incognita restano le alleanze. Proprio Zaia aveva proposto a Salvini una coalizione tra una sua lista, una civica dei sindaci e la Lega, ma l’ex ministro vuole tener dentro anche gli alleati storici. I giallorosa potrebbero allora scegliere di non consegnarsi a una batosta annunciata. Il capogruppo regionale M5S, Jacopo Berti, sentenzia: “Torniamo sui nostri passi e al bivio imbocchiamo l’altra strada. Torniamo al vecchio M5S”. Dal Pd invece ancora ci sperano.
