mercoledì 16/10/2019

Per valutare a fondo l’attuale situazione politica italiana bisognerebbe inventare una scala di misurazione della paura di perdere il consenso, e della timoratezza a questa legata. Dunque dire solo cose che facciano ingrassare elettoralmente, punto. L’unica eccezione a tutto questo è Beppe Grillo, nessun altro. E durante la festa per i dieci anni del Movimento a Napoli lo ha ribadito, una volta di più.

Istrionico, imprevedibile, provocatore e mai accomodante, neanche nei confronti dei suoi, anzi. Durante il suo intervento ne ha combinate di tutti i colori: partito nei panni di un Joker che sguazza nel caos – metafora del momento – poi è entrato balzellando sulle note rock, addirittura cantando. Ha parlato per quasi mezz’ora catalizzando l’attenzione di tutti. E lo ha fatto dicendo cose molto scomode, soprattutto per il Movimento: siamo cambiati; non siamo più quelli di 10 anni fa; basta striscioni davanti a Montecitorio per spettacolarizzare il taglio dei parlamentari, “anzi regaliamo l’idea al Pd”. Di più: basta lamentarsi del Pd. Guardare oltre. E poi ha sollecitato gli attivisti a non stare fermi su “Onestà! Onesta!”. Pensate se l’avesse detto un altro, o se Salvini avesse detto ai suoi “non fossilizziamoci sull’immigrazione”. Sarebbe caduto il mondo.

Con Grillo no, capace di scherzare anche col premier: dire che ha un solo difetto “le adenoidi, dobbiamo stapparlo”, e tutti giù a ridere. Insomma un mattatore totale. È riuscito anche a mandare affanculo la sua platea. Scherzoso, certo, però lo ha detto: “Vaffanculo a voi stavolta!” (se non volete cambiare). Risultato? Applausi a scena aperta. Potrà sembrare surreale, è andata così.

Ma allora la politica e lo spettacolo oggi sono la stessa cosa? No, ma quasi. Perché è inutile evocare la foto di De Gasperi in giacca e cravatta in spiaggia con la figlia e paragonarla a quella di Salvini con la pancia all’aria e il mojito in mano al Papeete: non è più quel tempo, i codici sociali e narrativi sono cambiati, l’educazione, il senso del pudore, tutto cambiato. Noi siamo cambiati, non solo la politica.

Dunque un comico-politico come Grillo è la perfetta espressione di questo tempo: arringa, conosce i tempi, fa battute, governa le pause, non recita mai (perché recita sempre) e dice solo le cose in cui crede, non quelle che dovrebbe dire (per piacere agli altri). Uno che non ha mai ragionato sul respiro corto di una legislatura. Perché il vero leader fa così. Faceva così Berlinguer: non segue solo gli istinti del popolo, ma cerca anche di guidarlo (leader dall’inglese to lead: condurre) nel futuro.

C’è poco da fare, piaccia o non piaccia – nell’epoca in cui il leader è fondamentale – ne serve uno carismatico e mediatico: chi non ce l’ha è fuori dai giochi. Matteo Salvini lo è: in un anno, infatti, ha raddoppiato i voti della Lega. Matteo Renzi lo è: in tre giorni, infatti, è tornato al centro della scena. Forza Italia ce l’aveva, Berlusconi, ma ormai l’età avanza, ed è stato superato da Fratelli d’Italia, perché la Meloni è abbastanza mediatica. Il Pd ne ha uno bravo ma meno mediatico, Zingaretti, infatti fatica. La sinistra-sinistra in Italia è quasi sparita, perché ne è totalmente priva. Senza scoprire niente, la ricetta politica moderna è semplice: idee molto concrete e un leader che le sappia comunicare molto bene.

E i contenuti? Tra le tante battaglie a lui care, ambiente e futuro davanti a tutti, Beppe Grillo dal palco di Napoli ha lanciato una provocazione, che tanto provocazione non dovrebbe essere: un reddito di esistenza. Grillo dal palco ha detto: “Diamo un reddito a chi è vivo!”. Utopia? Forse, però nel 1942 l’economista inglese William Beveridge prese a redigere un rapporto – che poi ebbe il suo nome – che servì come base per la riforma dello stato sociale britannico e che diceva più o meno la stessa cosa: se lo Stato non solleva i cittadini dalle paure della vita quotidiana si rompe il patto sociale tra elettori e istituzioni. Come dire: caro Stato, io ti pago le tasse però tu devi garantirmi che non avrò più paura – di perdere un reddito, un letto d’ospedale e via dicendo.

E Grillo, tra il serio e il faceto, ha buttato la palla più in là, oltre il giardino. Un reddito “se sei vivo”, oltre le paure. Perché poi, in fondo, come ha detto citando l’Asia – 4 miliardi di persone vogliono la nostra vita, chi siamo noi per dirgli di no? – nel mondo c’è sempre una parte che sta peggio e che sogna la vita dell’altra parte. Come accadde al giornalista sovietico Sergej Dovlatov, quando a New York ospitò un poeta russo. Gli disse mestamente: “Qui in America c’è pieno di roba da mangiare, di vestiti, di divertimenti, ma di pensieri non ce ne sono”. Il povero poeta in trasferta rispose: “In Unione Sovietica, al contrario, c’è pieno di pensieri. Non facciamo altro che pensare al mangiare, ai vestiti, ai divertimenti”.

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