Dalla superficie del mare ai fondali i rifiuti plastici rappresentano oltre l’80% del «marine litter», ovvero la spazzatura. Un impatto fortemente negativo per pesci, uccelli e mammiferi marini, sia a causa degli additivi tossici di cui è composta la plastica sia per quanto può portare con sé. Un vero e proprio ecosistema in miniatura si sviluppa sulla superficie dei rifiuti, composto da batteri (tra cui il Vibrio, nel quale alcune specie sono responsabili di malattie gastrointestinali nei pesci e organismi filtratori, e nel caso di Vibrio cholerae portatori del colera nell’uomo), alghe che possono originare fioriture tossiche, e virus. È questa, in sintesi, l’analisi degli scienziati di Expèdition Med che hanno lavorato insieme a Legambiente al progetto Pelagos Plastic Free, nato con lo scopo di contrastare l’inquinamento del mare dalla plastica per salvaguardare la biodiversità dell’area protetta del Santuario di Pelagos, lo specchio d’acqua antistante l’Italia, il Principato di Monaco e la Francia. I risultati delle rilevazioni sono stati illustrati ieri al Breitling Theatre del Salone Nautico, occasione anche per ribadire le richieste di Legambiente al governo contro questo tipo di inquinamento: approvare il ddl Salvamare fermo in Commissione ambiente per permettere ai pescatori di portare a terra i rifiuti di pesca che finiscono nei fondali, oltre a recepire al più presto la normativa europea che vieta dal 2021 l’uso della plastica monouso. «Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati dalla plastica» ha detto Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. La media dei rifiuti plastici rinvenuti nelle 60 stazioni di campionamento in mare è di oltre 114 mila per ogni chilometro quadrato di superficie monitorata. Di questi, l’80% rientra nella categoria delle microplastiche (inferiori ai 5 mm). I rifiuti vengono trasportati dalle correnti marine così come il plancton. Le concentrazioni maggiori sono state rilevate nel canale di Corsica, a nord dell’Isola di Capraia, e lungo la Costa Azzurra, a sud di Mentone. Sono state monitorate anche 17 spiagge tra Toscana e Liguria: su più di 30 mila metri quadri di superficie ispezionati sono stati trovati oltre 14 mila rifiuti costituiti per l’87% da plastica, per una media di 857 oggetti ogni 100 metri di litorale. Colpa della cattiva gestione dei rifiuti urbani. Per quanto riguarda il tipo di oggetti, il 29% è rappresentato da frammenti di plastica da 2,5 a 50 centimetri, il 13% da pezzi di polistirolo, il 10% da mozziconi, il 9,3% da tappi, coperchi e anelli di plastica e il 5,4% da cotton fioc. Dati e numeri che Legambiente trasferirà al programma Marine Litter Watch dell’Agenzia Europea per l’Ambiente. A conferma dell’emergenza, anche la testimonianza di Alex Bellini, esploratore italiano reduce da un viaggio alla Pacific garbage parch, l’isola di plastica e di spazzatura galleggiante nel Pacifico, nell’ambito del procetto «10 Rivers 1 Ocean», viaggio lungo i dieci fiumi più inquinati del mondo, presente ieri al Porto Antico per l’Ocean Race Summit Genova dedicato alla sostenibilità ambientale. «Questa immensa isola di plastica è solo la punta dell’iceberg, perché è composta da circa 100 mila tonnellate di plastica mentre ogni anno ne scarichiamo in mare più 8 milioni. Bisogna capire dove finiscono i 7,9 milioni che avanzano» ha detto Bellini. Una parte arriva sulle nostre coste. Al Salone è stata presentata la bandiera “La mia barca è Plastic free”, in collaborazione con UCINA Confindustria Nautica e la rivista mensile Nautica: segnalerà i diportisti che sceglieranno di ridurre l’utilizzo di plastica usa e getta a bordo. — c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Ogni cento metri di costa trovati 857 relitti di plastica sui fondali

