
(di Andrea Scanzi) – Ieri mi è capitato di guardare l’intervista da Floris di Di Maio e Zingaretti. Era la loro prima uscita dopo il varo del governo Mazinga. Il primo l’ho visto moscio moscio. Per carità: assai lodevole nel dire due volte “no” all’ipotesi di divenire Premier (l’anno scorso e quest’agosto). Bravo – dal suo punto di vista – a imporre al Pd Conte, che però continua a rubargli la scena, e a non dare agli alleati vicepremier e sottosegretari a Palazzo Chigi. L’uomo è molto meno impreparato di quanto lo dipingano. Però, quando parla del nuovo governo, Di Maio ha l’entusiasmo dei condannati a morte. Anche lunedì alla Camera aveva l’allegrezza dei crisantemi. E poi parla sempre – SEMPRE – del tradimento di Jabba The Polenta. Un tradimento idiota e abietto, per il quale il dittatore dello stato libero di Papeete non meriterà mai perdono ma solo zimbellamenti continui, sul quale Di Maio ha raccontato ieri ulteriori dettagli da cui emergono tutte le gonadi mosce di Salvini. Uno schifo.
Okay. Poi però anche basta. E invece Di Maio ne parla sempre come l’amante tradito, che c’è rimasto proprio male. Che palle! E’ Salvini, mica Rosario Dawson. Oltretutto Di Maio dovrebbe ringraziare Salvini, perché grazie al suo harakiri ridicolo Di Maio (in quel momento morto e sepolto politicamente) è in qualche modo rinato. Pietoso anche il suo atteggiamento su Pd e Zingaretti: ne ha parlato poco e senza entusiasmo, con fare vagamente arrogante e l’aria di chi rimpiazza l’amore politico della vita (eh???) con l’unico scorfano che ha trovato libero. Oh, Di Maio: sei ministro degli Esteri (?!?) e se il Mazinga fallisce ci ritroviamo la destra in salsa Papeete-Littorio. Mi avresti frantumato il sacro glande con quest’aria lessa da vedovo inconsolabile. Se hai voglia e ci credi, bene; altrimenti vai a sculacciare i billi della Valdichiana e non menarcela ulteriormente.
Poi è arrivato Zingaretti, con tutto quel suo bel carisma vivido da salumaio inutilmente ilare di Vitiano. Ogni volta che lo vedo mi viene sempre voglia di chiedergli tre etti di finocchiona tagliata fine, e sì che son vegetariano. Del Pd renziano penso ancora quel che chiunque sano di mente non possa non pensare, ovvero che sia una rumenta bolsa e un orrore tragicomico. Il peggio del peggio: il triennio 2014/2016 è stato uno dei punti più bassi mai raggiunti nella storia politica italiana. Di Zingaretti invece non penso niente, perché è lui che pare aspirare – riuscendoci – all’evanescenza. Chi sei? Cosa vuoi? Che sogni hai? Non si sa. Spero però che Normal ZingaMan renda il Pd un partito migliore, perché una seria forza riformista farebbe assai bene al paese (gran putifarre, sembro Mattarella!). Ciò detto, ieri Zingaretti ha battuto Di Maio 6-1 6-2. Era propositivo, carico, voglioso. E ha detto pure una cosa bellissima all’inizio: “Io, quando penso al governo, penso che anche i 5 Stelle fanno parte della mia squadra e quindi faccio il tifo per loro”. Sono solo parole, per carità. Il Pd lo attendo al varco su ben altre questioni concrete: in tal senso, le prime interviste post-Mazinga di Orlando (giustizia) e De Micheli (niente) sono esecrabili e indecenti. Resta il fatto che, ieri, ho visto un Di Maio moscio come André Silva e Zingaretti insolitamente garrulo.
Insisto: se ci credete davvero, andate avanti. L’occasione è storica. Altrimenti, con ‘sto Mazinga, fermatevi subito. E già che ci siete, in quel caso andate pure affanculo.
