domenica 25/08/2019
LE POSIZIONI NEL MOVIMENTO – IL FONDATORE DI NUOVO PROTAGONISTA, CASALEGGIO HA DUBBI SUI DEM, IL CAPO POLITICO SOFFRE, I PARLAMENTARI SI DIVIDONO

La bandiera è una, ma tanti giocatori non fanno necessariamente una squadra. Perché lo schema di gioco, come gli obiettivi, non sono sempre gli stessi. Anche nel Movimento dove Luigi Di Maio, capo politico affaticato, ha invocato unità e provato a ricucire con le varie anime sparse del M5S, creando una cabina di regia che dovrebbe evitare il liberi tutti e contenere distanze e dissapori. Ma le diversità a 5 Stelle restano evidenti, nella partita che vale un governo.
Beppe Grillo. Il fondatore che pareva un padre nobile lontano e disilluso, uno di quei parenti che vedi a Natale per obbligo morale, è tornato centrale nel suo Movimento. Ed è il primo, rilevante riverbero della crisi di governo sui 5 Stelle. È stato Grillo con un post in un sabato di agosto a benedire la via della trattativa col Pd, in nome dell’argine “ai nuovi barbari”. E sempre lui ha riunito il gotha del M5Snella sua villa al mare in Toscana per sancire la rottura con Matteo Salvini. È in contatto con il Pd e con gli emissari di Nicola Zingaretti, da giorni. E voleva a tutti i costi che a Palazzo Chigi ritornasse Giuseppe Conte. Per questo, quando venerdì ha visto il post di Alessandro Di Battista che riapriva un varco alla Lega ed era un indiretto calcio in faccia al premier uscente, è subito uscito con un contro-post a favore di Conte. Perché il post di Di Battista era stato concertato direttamente con Di Maio. Ergo, il fondatore ha visto i suoi ragazzi andare in un’altra direzione. E si è mosso, da garante. Irritato.
Davide Casaleggio. È l’altro potere, quello della casa madre di Milano, l’erede che ha le chiavi della piattaforma e dell’associazione Rousseau, cuori operativi (e casseforti) del Movimento. Per formazione, istinto e conoscenza degli umori del web era scettico sin dall’inizio sull’accordo con il Pd, e ora lo descrivono come di fatto contrario. Ma non al punto di andare in aperto contrasto con Grillo. Zingaretti e i suoi lo hanno cercato e lo cercano, e lui risponde. Repubblica ha scritto, e Casaleggio non ha smentito, che nella prima telefonata con il segretario dem si sia premurato di blindare un posto per Di Maio nel governo. Perché il vicepremier è sempre il suo uomo di riferimento. Sussurrano che tema norme draconiane del Pd che possano danneggiare la Casaleggio. Cattiverie, o forse no.
Luigi Di Maio. Il capo politico che da Statuto dovrebbe restarlo in ogni caso, cioè per molti anni, può vincere o perdere quasi tutto, e anche per questo deve muoversi tra mille fuochi. Nonostante chilometri di comunicati e dichiarazioni, il rapporto con Conte si era fatto gelido. E anche in queste ore di convulsioni un dimaiano ringhia: “Con quel discorso violento contro la Lega in Senato, l’ex premier ci voleva buttare nelle braccia del Pd”. Nonostante o forse per questo, Di Maio ha dovuto iniziare e insistere sul nome di Conte: perché di vere alternative non ne ha, o perché, malignano alcuni, voleva bruciarlo. Lui smentisce: “Io Conte non lo mollo, spero che lui non molli noi”. Ma era e rimane molto perplesso su un accordo con i dem, e potendo sarebbe tornato con la Lega. Però sa di essere in corsa per Palazzo Chigi. Sta affrontando la crisi con modi spicci. Ha vidimato il post di Di Battista uscito un attimo prima che i capigruppo vedessero i colleghi del Pd. I grillini al tavolo, ignari come tutto il resto del M5S, l’hanno presa malissimo. Ma Di Maio tira dritto, comunque autocrate quando la palla scotta. In una chat interna è stato secco: “Se per avere Conte a Palazzo Chigi chiedessero a tutti voi ministri uscenti di fare un passo indietro, accettereste?”. Sono piovuti tanti sì. E vai a capire quanto erano sinceri.
Alessandro Di Battista. L’ex deputato è tornato a muoversi in sintonia con Di Maio, dopo che il capo lo aveva bastonato nelle assemblee per settimane. “Io e Luigi non siamo mai stati così vicini”, ha spiegato a chi lo ha sentito in queste ore. Il post di venerdì con le condizioni al Pd e l’occhiolino strizzato al Carroccio ha fatto infuriare tantissimi. Però la mossa era strategica, ha giurato Di Battista, fatta solo “per alzare l’asticella con il Pd e ottenere di più per i cittadini”. Di certo il fu trascinatore di folle è, assieme a Paola Taverna, il big più ostile a un’intesa con i dem. E vede con favore un ritorno al voto, con una campagna elettorale in cui sarebbe per forza di cose un prim’attore.
Roberto Fico. Il presidente della Camera è l’alfa e l’omega della trattativa. Primo fautore assieme a Grillo dell’apertura al Pd, parla costantamente coi dem e con Di Maio, tenendo assieme i lembi del filo. Come il capo politico di cui è l’antitesi per storia, idee e carattere, è in corsa per Palazzo Chigi. Ma sa perfettamente che per Di Maio e gran parte del M5S il suo nome rappresenta un ordigno. E comunque preferirebbe, assicura a tutti, agevolare un’altra soluzione per la premiership. Non ha gradito i segnali alla Lega. E nei suoi ragionamenti continua a ribadire quella preoccupazione: “È in gioco la sopravvivenza del M5S”. Appeso anche al governo che verrà. O alle urne che cancelleranno questo strano film.
