venerdì 23/08/2019

IL QUIRINALE – IL TIMORE DEL DOPPIO FORNO

IL PRESIDENTE AUSPICAVA PIÙ CHIAREZZA: INVECE È DELUSO DALL’AMBIGUITÀ “SCIVOLOSA” DEL LEADER M5S

Insolitamente brusco e deluso, se non arrabbiato. Alle otto di sera, il capo dello Stato appare alla stampa e concede gli annunciati tempi supplementari in questa pazza crisi d’agosto. Ma non nel modo che avrebbe voluto, cioè chiaro e netto. In ogni caso quattro giorni, da oggi a martedì 27 agosto, quando al Colle comincerà il secondo giro di colloqui con i partiti. Una breve dichiarazione dopo due ore di “riflessione” alla fine della seconda, fatidica giornata di consultazioni. Quella in cui sono salite al Quirinale le delegazioni delle due forze al centro della Trattativa Giallorossa: prima, nella mattinata, la formazione del Pd guidata dal segretario Nicola Zingaretti, indi nel pomeriggio l’atteso trio del M5S, con il capo politico Luigi Di Maio scortato dai due capigruppo parlamentari, Francesco D’Uva della Camera e Stefano Patuanelli del Senato.

LE TAPPE

Mercoledì sera tirerà le somme: ma non è detto che arrivi l’incarico in automatico

Il Pd manifesta la sua disponibilità, seppure con i cinque punti-paletti piantati da Zingaretti, ma la giornata si complica con la successiva ambiguità “scivolosa”, così trapela, del leader grillino nonché vicepremier uscente. Ieri, il presidente della Repubblica avrebbe desiderato da entrambe le forze, Pd e M5S, una “chiara” volontà di ricercare un accordo per una nuova maggioranza parlamentare. Una volta dentro, Di Maio tratteggia sì questa ipotesi ma lo fa con molta “prudenza”, dando appunto la sensazione di essere “scivoloso”. A quel punto si appalesa ancora una volta l’improbabile spettro del governo gialloverde. I Cinque Stelle, infatti, entrano quando va via la Lega capeggiata da Matteo Salvini, che completa la sua retromarcia di questi giorni ribadendo pubblicamente la sua offerta di pace al M5S. In pratica, queste “coincidenze” sono l’esatto contrario di quello che chiedeva Mattarella alla vigilia del primo giro di consultazioni. Ergo, il sospetto è che i pentastellati abbiano due forni aperti e questo scatena il caos in una giornata intricatissima.

Di qui allora le due ore di “riflessione” che il capo dello Stato si ritaglia alla fine delle consultazioni. Di Maio all’uscita non cita mai il Pd, ma si è impegnato con il Colle a chiedere un mandato pieno all’assemblea dei parlamentari per trattare con Zingaretti. Mattarella si chiude in conclave con i suoi consiglieri e l’apertura dall’assemblea dei 5S finalmente arriva. L’innesco c’è. Ma quanta fatica! Una vera liturgia da Prima Repubblica, fatta di sottintesi e frasi mai esplicite, da parte del capo politico del Movimento. In fondo, Di Maio e anche Zingaretti incarnano alla perfezione il paradosso di questa crisi. Tocca a loro due, da leader delle rispettive forze, condurre una trattativa che non volevano e di cui non sono mai stati convinti. Ed è per questo che, alle otto di sera, il capo dello Stato concede i quattro giorni di supplementari mettendo sul tavolo la tradizionale arma del voto anticipato.

Questo il passaggio: “In mancanza di queste condizioni la strada da percorrere è quella di nuove elezioni. Si tratta di una decisione da non assumere alla leggera – dopo poco più di un anno di vita della Legislatura – mentre la Costituzione prevede che gli elettori vengano chiamati al voto per eleggere il Parlamento ogni cinque anni. Il ricorso agli elettori è, tuttavia, necessario qualora il Parlamento non sia in condizione di esprimere una maggioranza di governo”.

Non solo. Neanche il presidente della Repubblica delimita il perimetro dell’eventuale nuovo governo. Sono le parole che fanno da preludio all’annuncio di un secondo giro completo di consultazioni, interpellando tutti i partiti: “Nel corso delle consultazioni appena concluse, mi è stato comunicato da parte di alcuni partiti politici che sono state avviate iniziative per un’intesa, in Parlamento, per un nuovo governo; e mi è stata avanzata la richiesta di avere il tempo di sviluppare questo confronto. Anche da parte di altre forze politiche è stata espressa la possibilità di ulteriori verifiche”. Un riferimento, questo, al presunto forno Lega-M5S ma anche al refrain di Berlusconi e Meloni su una impossibile maggioranza di centrodestra in questo Parlamento, a meno che non ci sia una consistente campagna acquisti di Responsabili.

“La strada non solo è in salita, ma è anche stretta”: in serata al Colle è questa la valutazione su un futuro governo giallorosso. Anche perché il capo dello Stato ha detto che vuole “decisioni chiare in tempi brevi” e guarda con preoccupazione alle divisioni interne delle due forze, in particolare nel M5S. Poi mercoledì sera tirerà la somma dei giorni che verranno. Attenzione: non è detto che arrivi l’incarico in automatico. Per mercoledì 28, Pd e M5S devono soprattutto portare nome del premier e programma. Il “Pacchetto completo”.

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