venerdì 12/07/2019

IMBARAZZO VIMINALE – PETROLIO E RUBLI

IL VICEPREMIER: “GLI ALTRI DUE ITALIANI AL TAVOLO? NON LI CONOSCO, NON POTEVANO PARLARE PER LA LEGA”. TUTTO SOTTO IL SUO NASO

Il ministro Salvini non era a conoscenza di quell’incontro, né sa chi siano gli altri interlocutori seduti a quel tavolo di cui ha letto i nomi nelle trascrizioni (tali Luca e Francesco). In ogni caso nessuno ha parlato a nome e per conto di Salvini”. È questa la risposta che il ministro dell’Interno, nonché vicepremier, nonché segretario della Lega Matteo Salvini, ha dato al Fatto attraverso il suo staff della comunicazione. Il vicepremier quindi nulla sapeva, e nulla sa, del dialogo già anticipato dall’Espresso, il 21 febbraio scorso, poi divulgato in formato audio dal sito Buzzfeed due giorni fa. Riepiloghiamo: il 18 ottobre 2018 un suo fedelissimo, Gianluca Savoini, in compagnia di due uomini, tali “Luca” e “Francesco”, avrebbe trattato con alcuni russi per far arrivare milioni di dollari al Carroccio. Il tutto attraverso un affare sul petrolio che avrebbe potuto coinvolgere banche austriache e porti olandesi.

SALVINI A MOSCA IL 17 OTTOBRE 2018

Ogni volta che ritorno in Italia da qui c’è qualche giornale che scrive che Salvini va in Russia perché i russi pagano la Lega

Il dialogo avviene a Mosca, il 18 ottobre 2018, nell’hotel Metropol, proprio mentre Salvini è in Russia. Il giorno prima ha partecipato al convegno di Confindustria Russia esordendo, peraltro, con le seguenti lungimiranti parole: “Ci troviamo in un albergo a ragionare di un’assurdità: ogni volta che torno in Italia, sappiatelo, c’è qualche giornale che si diletta a scrivere che Salvini va in Russia perché i russi lo pagano”.

Salvini evidentemente non immagina che il suo fido Savoini – il quale, in maniera altrettanto evidente, non deve averlo informato – in poco meno di 24 ore si troverà seduto nella hall dell’hotel Metropol; che s’intratterrà con due russi e due italiani, tali “Luca” e “Francesco” appunto, per discutere di milioni di euro che sarebbero giunti attraverso una partita di giro legata al petrolio.

Può capitare. Anche il più fedele della cerchia può essere pronto a nascondere qualcosa.

Quel che non dovrebbe capitare, però, è di ricevere la risposta che Salvini affida al suo staff.

La Procura di Milano, sulla vicenda – già a partire dall’inchiesta dell’Espresso e con più vigore dopo la pubblicazione degli audio di Buzzfeed – ha aperto un fascicolo per corruzione internazionale. Di un indagato sappiamo il nome: è proprio il fido Gianluca Savoini. Gli altri due – per quel che risulta al Fatto – non sono ancora ufficialmente identificati. Restano i “tali” e al momento ignoti “Luca” e “Francesco”.

In qualità di ministro dell’Interno, Salvini avrebbe potuto farsi dire chi sono, magari dal suo stesso fido Savoini. Dimostrando al Paese che lui personalmente, e il dicastero che rappresenta, dinanzi a questioni così delicate, non aspetta un minuto a fare la sua parte. Magari depositando i due nomi in procura.

In qualità di segretario della Lega – proprio perché, come tiene a precisare, nessuno dei presenti a quell’incontro era titolato a parlare per il Carroccio – avrebbe potuto farsi dire i nomi e chiarire che nulla hanno a che vedere con il suo partito e i suoi elettori. E non da ieri, avrebbe potuto farlo. Ma sin dal febbraio scorso, quando l’Espresso ha pubblicato il suo scoop.

Invece il ministro dell’Interno e segretario della Lega, in circa 5 mesi, è riuscito a non sapere nulla. E allora i casi sono due.

Il primo: non è in grado di controllare gente che, a partire dal fido Savoini, gli crea grattacapi tali da far partire un’inchiesta per corruzione internazionale. Il secondo: non ha sentito la benché minima curiosità e non s’è proprio informato.

Poiché escludiamo che abbia mentito, nella sua risposta al Fatto, non restano che le due ipotesi precedenti: nessuna delle due ci restituisce l’immagine di un leader all’altezza del ruolo politico e istituzionale che riveste. Ma è ancora in tempo: potrebbe informarsi, se è in grado di farlo, e poi rivelare pubblicamente i nomi di “Luca” e “Francesco”.

Nel frattempo non resta che verificare le voci. Come quella che il “Luca” in questione sia Luca Morisi, per esempio, ovvero l’uomo che sta dietro la macchina della comunicazione leghista. “Non sono io”, risponde Morisi interpellato dal Fatto, “non ero a Mosca, né in questo hotel, né altrove”. Ne prendiamo atto e non abbiamo motivo di dubitarne. Tra gli uomini vicini a Salvini, che secondo alcuni, avrebbe potuto sapere qualcosa di questa vicenda, c’è l’europarlamentare Massimo Casanova, imprenditore e proprietario del Papeete Beach, spiaggia di Milano Marittima. Casanova era presente in Russia in quei giorni: “Sono andato a Mosca a titolo personale, come imprenditore – è la risposta che ci fa pervenire – per partecipare a un convegno di Confindustria insieme con 300 o 400 imprenditori. Ci sono andato ovviamente a mie spese. Ma non ho preso parte, né ero assolutamente a conoscenza, dell’incontro riportato dai giornali in questi giorni”.

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