martedì 02/07/2019


Venerdì al Direttivo della Camera aveva promesso la scure contro “chi non è in linea”, e la scure è arrivata. Ieri sera, su diretto impulso del capo politico Luigi Di Maio, i Cinque Stelle hanno espulso due deputate al primo mandato, Gloria Vizzini e Veronica Giannone. Due dichiarate dissidenti, già tra le firmatarie nel novembre scorso di una lettera al capogruppo alla Camera Francesco D’Uva in cui una quindicina di eletti si opponevano al decreto sicurezza e invocavano “maggiore collegialità” nel M5S. Otto mesi dopo, di sera, il blog delle Stelle cala la sentenza. Fuori Giannone, 37 ani di Galatina (Lecce), e Vizzini, 40enne di Caltanissetta ma trapiantata in Toscana. “Questa decisione è stata presa a seguito delle segnalazioni delle ripetute violazioni dello statuto e del codice etico del Movimento e dello statuto del gruppo Parlamentare della Camera” si legge sul portale. Nel dettaglio, alle due deputate vengono rimproverate “le assenze alle votazioni finali di vari provvedimenti fondamentali, condivisi e sostenuti dal nostro gruppo. E a questo si aggiungono le votazioni in difformità dal gruppo di numerosi emendamenti contrari alla linea politica del Movimento e per le quali entrambe hanno ricevuto un richiamo formale, la partecipazione in conferenze stampa gravemente lesive dell’immagine del M5S, oltre che la mancata restituzione forfettaria dal mese di ottobre 2018 a cui sono tenuti per regolamento tutti i parlamentari”. E questo è un punto importante, perché diversi eletti 5Stelle non restituiscono da mesi, furibondi per il meccanismo a loro avviso troppo macchinoso delle restituzioni. E pesa anche la protesta contro la piattaforma web Rousseau, quella gestita da Davide Casaleggio, a cui vanno ridati ogni mesi 300 euro. La certezza però è che nel Movimento sono tornate le espulsioni. Lo scorso fine settimana si era ricominciato con il foglio di via per la senatrice di Paola Nugnes, vicina al presidente della Camera Roberto Fico, rea di aver annunciato l’addio al Movimento in un’intervista al Manifesto lo scorso 23 giugno, e di aver votato contro la fiducia al governo sul decreto Crescita. Ora tocca a Giannone e a Vizzini, che in un’intervista al Fatto in febbraio aveva rivendicato il voto favorevole su Rousseau all’autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Diciotti. “Il voto ha certificato che siamo spaccati” sosteneva.
