È un’affermazione che risulta fuorviante?

Vediamo innanzitutto che cosa ha fatto il governo.
Il costo della vita
Possiamo fare riferimento a quanto previsto dalla legge di Bilancio per il 2019 (art. 1 co. 260) in fatto di “perequazione” delle pensioni, cioè il loro adeguamento automatico al costo della vita. Per il 2019, così come era stato anche nel 2018, l’aumento del costo della vita previsto è pari all’1,1 per cento. Come ha spiegato l’Inps il 22 marzo, la legge di Bilancio per il 2019 “ha introdotto un nuovo meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni per il triennio 2019-2021”. L’intervento interessa soprattutto le pensioni di importo totale (lordo) superiore a tre volte il minimo, pari per il 2019 a 513,01 euro al mese.
Per le pensioni fino a 1.539 euro lordi al mese, più o meno la soglia a cui si fa riferimento, ci sarà un aumento “pieno” dell’1,1%. Per quelle superiori sono previste invece progressive riduzioni, secondo la tabella successiva.

Dunque, si può dire che l’anno prossimo le pensioni aumenteranno, ma meno di quanto non fosse previsto prima dell’approvazione della legge di Bilancio.
Dunque, si può dire che l’anno prossimo le pensioni aumenteranno, ma meno di quanto non fosse previsto prima dell’approvazione della legge di Bilancio.
Si può allora parlare di taglio?
Ma si può parlare di un “taglio” alle pensioni? Per rispondere a questa domanda possiamo andare a vedere come questa stessa polemica si fosse verificata anche in passato (e a parti inverse), sui finanziamenti alla sanità.
Allora era stata un’esponente del M5s, Paola Taverna, ad accusare il governo Renzi di aver “tagliato” le risorse per la sanità pubblica. In realtà le risorse nel corso degli anni erano aumentate, ma c’era stata innegabilmente una riduzione rispetto a quanto si era deciso di stanziare in precedenza.
Adottando lo stesso metro di giudizio usato allora, possiamo dire che non sia scorretto – anche se è discutibile – parlare, di “taglio” delle pensioni.
Quanti sono coinvolti?
Si parla di 6 milioni di persone coinvolte da questo taglio. Secondo l’Inps del 22 marzo sono “circa 5,6 milioni. Per circa 2,6 milioni delle posizioni interessate la variazione media mensile dell’importo lordo risulta di 28 centesimi”. Quindi il numero citato in precedenza è impreciso ma sostanzialmente corretto: per quasi metà di loro, però, la modifica è impercettibile.
Quanti soldi in meno riceveranno i pensionati?
L’Inps, come visto, sostiene che per 2,6 milioni circa dei 5,6 milioni di pensionati interessati dal taglio la riduzione sarà di pochi centesimi al mese.
Se andiamo a vedere le statistiche dell’Inps, relative alle pensioni vigenti al primo gennaio 2019 – da non confondere coi pensionati, giacché un singolo pensionato può essere titolare di più pensioni – si vede come la grande maggioranza di queste siano inferiori ai 1.500 euro mensili e come anche quelle superiori si concentrino soprattutto nella fascia 1.500-2.000 euro mensili.
In questa fascia, come abbiamo visto, la riduzione dell’aumento previsto è dello 0,033% (da 1,1% a 1,067%). Su una prestazione pensionistica complessiva – cioè magari derivante dalla somma di più pensioni – di 1.600 euro al mese, si tratta di circa 50 centesimi al mese.
Per gli importi superiori possiamo guardare a delle elaborazioni fatte dal Sole 24 Ore. Da queste risulta che una pensione di 2.300 euro lordi verrà penalizzata di circa 5 euro al mese, una di 2.800 euro lordi di circa 13 euro al mese, una da 4,.700 euro lordi di circa 25 euro al mese.
Conclusione
Dire che le pensioni sono state tagliate è sicuramente un’affermazione fuorviante. Se adottiamo, come abbiamo fatto in passato, una definizione di “taglio” che comprenda anche la riduzione di aumenti previsti in passato, è vero che il governo abbia tagliato le pensioni a quasi 6 milioni di persone (5,6 milioni per la precisione) che ricevono una pensione superiore ai 1.500 (1.539) euro al mese.
Ma si tratta di una riduzione che interessa in misura minima chi prende una pensione vicina ai 1.500 euro, per cui l’aumento previsto si ridurrà di meno di un euro al mese. I più penalizzati saranno quelli che ricevono pensioni vicine ai cinquemila euro al mese, per i quali comunque la riduzione dell’aumento previsto sarà di poche decine di euro.
