mercoledì 26/06/2019

Nella sfida per ottenere le Olimpiadi invernali 2026, la strana abbinata Milano-Cortina e la Patria tutta, ha trionfato contro un unico concorrente. Ma abbiamo addirittura corso il rischio di correre da soli: Stoccolma ha manifestato forti perplessità, prima di decidersi a partecipare alla competizione. E subito, all’indomani del trionfo, qui da noi si stimano strepitosi benefici economici: come mai allora non c’era una coda di aspiranti alle porte dei giudicanti? Ovviamente perché questi mirabolanti benefici non sono considerati tali dalla maggioranza delle nazioni candidabili (non si vuole mettere nell’elenco la Giamaica, ma insomma…).

Il primo problema con questi grandi eventi è che troppo spesso le analisi ex post smentiscono quelle ex ante, e non soltanto perché i costi tendono a esplodere, come capita quando ci sono di mezzo molti soldi pubblici. Il problema è che il metodo che si usa sempre in Italia, quello del “Valore aggiunto”, citato anche dal vicepremier Matteo Salvini e da molti studiosi assai poco avvezzi a dire dei “No”, di solito porta a dire “Sì” a qualunque progetto. Infatti una certa quantità di Valore aggiunto, quando si spendono dei soldi pubblici o privati, si ottiene sempre: è composto dalla somma dei maggiori salari che ogni spesa genera e dai maggiori profitti delle imprese che producono beni e servizi (è la remunerazione aggiunta dei fattori della produzione).

È ovvio che con questo unico criterio di valutazione i risultati non possono essere che positivi. Politici e imprenditori e sindacati ne sono ovviamente felicissimi e commissionano a mani basse a professori esultanti analisi da condurre con questo approccio. Ma appare altrettanto ovvio che usare questo metodo per singoli progetti non ha senso. Altrimenti faremmo cinque Olimpiadi, due Expo, un giubileo e tre Tav all’anno. Forse non è il caso.

Occorre almeno estrema prudenza nel come questa analisi sul “Valore aggiunto” viene usata, evitando per esempio di considerare come benefici consumi aggiuntivi, mentre ne sostituiscono altri. Occorrerebbe soprattutto affiancare questo tipo di analisi, che spinge sempre a dire di sì, alla ben più severa analisi costi-benefici, che non assume implicitamente il costo dei fattori produttivi come nullo. Meglio ancora se corredata da una modellistica adeguata, come per esempio quella nota come Cge (Computable General Equilibrium).

Il professor Jérôme Massiani, molto più esperto di chi scrive nell’analisi di grandi eventi, oltre a raccomandare estrema prudenza, osserva che dai dati ex ante questa olimpiade non sembra messa male, se starà rigorosamente nei costi previsti.

Pensiamo al caso di Expo 2015 a Milano, considerata dai più un grande successo, nonostante i conti estremamente opachi: il preventivo per le infrastrutture esterne era di 9,5 miliardi di euro, un multiplo di quello per la manifestazione vera e propria, sui cui risultati resi pubblici pur vi sono stati vivaci dibattiti. Nulla invece è stato rendicontato dei quei 9,5 miliardi di soldi pubblici, né dal punto di vista economico né finanziario né procedurale. La motivazione implicita era stupefacente: trattandosi di opere pubbliche, erano sicuramente utili alla collettività. Il dibattito è come sempre inutile, tutto quello che rileva è l’arbitrio del principe benevolo e onnisciente.

Qualcosa si sa comunque, ma è pochissimo: non tutti quei soldi sono stati spesi, e sicuramente molte opere costosissime realizzate sono rimaste del tutto inutilizzate. Vi sono raccordi autostradali multilivello per collegarsi a parcheggi rimasti deserti che neanche Los Angeles… Basta dare un occhio a Google Maps. E come sono stati affidati lavori miliardari di dubbia utilità? Nessuno lo sa né lo saprà.

Poi in questi casi c’è sempre grande fretta, le scadenze sono impossibili da rispettare e di gare a volte proprio non se ne fanno, oppure se ne fanno di molto particolari. E figurarsi in tempi sovranisti come questi quanto spazio troveranno nelle gare costruttori polacchi o fornitori di impianti croati… Vi sono già stati grotteschi tentativi in passato di gridare “non passa lo straniero!” per eventi simili.

Oppure chissà, forse per le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina non andrà così, forse dell’utilità delle opere pubbliche aggiuntive sarà reso conto fino all’ultimo centesimo, con analisi finanziarie e costi-benefici sia ex ante che ex post, e non affidate a studiosi di parte, come è notoriamente chi scrive sempre male di spese pubbliche che fanno felici tanta brava gente. Chissà.

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