sabato 15/06/2019

CSM: UN’INTERVISTA DI ZANDA, ISPIRATA DAL NAZARENO, INVITA IL RENZIANO A LASCIARE. NEL POMERIGGIO L’EX SOTTOSEGRETARIO NE PRENDE ATTO CON UN POST ALLUSIVO SU FB

Mancano pochi minuti alle 16 quando Luca Lotti consegna a un post su Facebook la sua “autosospensione” dal Pd. Una decisione che gli amici si aspettavano, ma nei prossimi giorni, magari in presenza di un’indagine a suo carico, dopo le notizie sul suo ruolo uscite nell’inchiesta di Perugia su Luca Palamara. Invece, l’amico di sempre di Matteo Renzi ha deciso – in totale autonomia, ma non senza consultarsi con l’ex premier, che per la vicenda è arrabbiatissimo con il neo segretario – di cambiare gioco. Troppo pesanti le notizie emerse, ma anche la voglia di trovare una strada di rilancio. Fino ad oggi, si era difeso attaccando, aveva fatto pesare il suo ruolo e il suo passato. Lui era quello che parlava con tutti, per conto dell’ex premier, ma anche di se stesso. Oggi quel capitale di rapporti, di segreti, di connessioni, di favori fatti e ricevuti, di decisioni sulle nomine nei posti chiave, di potere del passato che si riverbera nel presente, decide di farlo pesare in un altro modo.

Si autosospende dal gruppo parlamentare del Pd alla Camera, ma facendolo lancia “pizzini” e minacce, a tutti. Si iscriverà al gruppo misto, ma da lì, attraverso la sua corrente, Br (Base Riformista), cannoneggerà Nicola Zingaretti. O almeno, ci proverà.

“Caro segretario – scrive dunque Lotti – apprendo oggi dai quotidiani che la mia vicenda imbarazzerebbe i vertici del Pd. Il responsabile legale del partito mi chiede esplicitamente di andarmene per aver incontrato alcuni magistrati e fa quasi sorridere che tale richiesta arrivi da un senatore di lungo corso già coinvolto – a cominciare da una celebre seduta spiritica – in pagine buie della storia istituzionale del nostro Paese”. A chiedere il passo indietro, con un’intervista al Corriere della sera, è stato il tesoriere, Luigi Zanda. Previa interlocuzione con il segretario. Al quale Lotti rinfaccia una cosa su tutte: la presunta seduta spiritica del 4 aprile 1978, nella quale alcuni giovani quadri Dc (tra cui Prodi) cercarono di individuare il luogo in cui era detenuto Aldo Moro. Zanda recapitò al capo della polizia, Giuseppe Parlato, l’indicazione emersa dalla seduta con un biglietto autografo non datato. Una vicenda piena di tutte le ombre che hanno caratterizzato il caso Moro.

Il secondo “pizzino” è per lo stesso Zingaretti: “I fatti sono chiari. Tu li conosci meglio di altri anche perché te ne ho parlato in modo franco nei nostri numerosi incontri”. Un modo per tirare dentro il segretario, sostenendo che lui sapeva tutto. E poi, il passaggio che già delinea una strategia politica: “Sono nato e cresciuto come uomo di squadra. Per questo l’interesse della mia comunità, il Pd, viene prima della mia legittima amarezza. Ti comunico dunque la mia autosospensione dal Pd fino a quando questa vicenda non sarà chiarita. Lo faccio non perché qualche moralista senza morale oggi ha chiesto un mio passo indietro. No. Lo faccio per il rispetto e l’affetto che provo verso gli iscritti del Pd”. Ancora: “Continuerò il mio lavoro con tanti amici in Parlamento per dare una mano contro il peggior governo degli ultimi decenni”.

La rivendicazione di un ruolo politico che va avanti: d’altra parte Lotti ha scelto di fondare una corrente con Antonello Giacomelli e Lorenzo Guerini, che controlla la maggioranza dei parlamentari dem. E il suo è un modo per ribadire che darà battaglia dentro al partito. Come? Per arrivare a cosa? La settimana prossima Br farà una serie di riunioni, proprio per stabilirlo. C’è già un appuntamento, dal 5 al 7 luglio a Montecatini. In quell’occasione le mosse saranno chiare. La guerra alla segreteria pare già decisa, però. Nel frattempo, uno dopo l’altro, escono tutti i parlamentari della corrente, in difesa del loro leader. Un avvertimento preventivo a Zingaretti. “Gli arriverà un messaggio forte”, dicono i vicinissimi. La conclusione del post di Fb è di quelle che potrebbero investire chiunque, a partire da Zingaretti per i rapporti con Palamara e dall’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che avrebbe manovrato per portare a capo della Procura di Napoli Giovanni Melillo: “Quanti miei colleghi, durante l’azione del nostro Governo e dopo, si sono occupati delle carriere dei magistrati? Davvero si vuol far credere che la nomina dei capiufficio dipenda da un parlamentare semplice e non da un complicato quanto discutibile gioco di correnti della magistratura?”. Finale con citazione di Enzo Tortora: “Io sono innocente. E spero di cuore che lo sia anche chi mi accusa di tutto, senza conoscere niente”.

La risposta di Zingaretti non si fa attendere: “Ringrazio Luca Lotti per un gesto non scontato che considero di grande responsabilità nei confronti della politica, delle istituzioni e del Pd. Sono consapevole della difficoltà umana di questi giorni, ma ciascuno di noi ha una responsabilità alta nei confronti della nostra comunità e verso il Paese”. Formalmente non lo scarica, di fatto ha lavorato per farlo. Ma neanche adesso si può permettere di andare fino in fondo.

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