Oltre mile invitati al tradizionale party del Quirinale in vista dei festeggiamenti del 2 giugno. Quel che accade spiega molto di quel che accadrà

(di Ettore Maria Colombo – notizie.tiscali.it) – Sarà che è la festa della Repubblica. Sarà che il cerimoniale prevede sorrisi e strette di mano, tra un flut e una tartina. Sarà che, alla fine, come sempre, amor vincit omnia. Sarà quel che sarà, ma certo è che, ieri pomeriggio, ai giardini del Quirinale, è scoppiata la (finta) pace tra Di Maio e Salvini, con il povero Conte a fare da terzo incomodo, defilato per scelta di vita, ma che annuncia che, lunedì, terrà “un discorso agli italiani” e che “non è previsto alcun cdm”. Insomma, forse, ieri, è stata sottoscritta una pax tra i ‘cani’ (la Lega) e i ‘gatti’ (i 5Stelle), ma presto torneranno a darsele di santa ragione. La pace è fragile e precaria, destinata a infrangersi presto, probabilmente al primo provvedimento utile che arriverà in Parlamento. Si vedrà. Ma è la giornata di ieri al Quirinale quella da raccontare, con tutto il suo coté di gossip, ‘colore’ e ‘vippume’ vario della Prima, Seconda e Terza Repubblica che attende un anno intero il 2 giugno per sfoggiare il peggio di sé stessa.

Si alza il sipario. Mattarella ineffabile padrone di casa

Sipario, dunque, sul tradizionale ricevimento alle alte cariche e personalità dello Stato che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, offre ogni anno, dopo un altrettanto tradizionale concerto al corpo diplomatico di tutto il mondo accreditato in Italia, e un discorso ufficiale, nel posto più incantevole e meraviglioso di Roma (i giardini e la terrazza del Quirinale, appunto). Mattarella parla, tiene il suo discorso (pesante e affilato, peraltro, tutto incentrato su “libertà e democrazia che non sono compatibili con chi alimenta i conflitti, punta a creare opposizioni, fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo”, insomma: ce l’ha con Salvini), poi si limita a fare il padrone di casa, ma silente, nei giardini: entra, parte l’inno nazionale, tutti scattano in piedi, poi inizia l’interminabile omaggio davanti la Coffee House (gioiello architettonico del Settecento nei giardini del Colle) con tutte le personalità (e anche le ‘non’ personalità) che si accalcano e si mettono in fila per il classico rito del ‘bacio della pantofola’ al ‘re’ laico della Repubblica: lui, appunto.

Giardini, atto primo. “C’è Salvini!” e si prende la scena

Lui, Matteo, abito scuro e cravatta rossa su camicia bianca, arriva con lei, Francesca Verdini e, francamente, lei è uno schianto: bella, giovane, solare, capelli neri sciolti al vento, abito nero e stretto, gonna corta, gambe lunghe e affusolate, sembra timida e impacciata, ma lui le sta vicino, la tiene per mano, la bacia anche, e di fatto la tira dentro in tutte le foto. Insomma, alla faccia della ‘povera’ Elisa Isoardi, che fino all’altro ieri aveva conquistato il cuore di Salvini, e poi glielo aveva pure spezzato, Francesca è e c’è: tosta, ma acerba, giovane ma matura, riservata ma l’occhio è di lince, come quello del padre, il coriaceo Denis, non da gazzella. Salvini è il dominus incontrastato del ricevimento. Tutti lo cercano, tutti hanno una prece, un papello, una richiesta, un saluto affettuoso da porgere, un bigliettino da visita da dare.

Girotondo di “star”

L’anno scorso era ‘Giggino’ la star del ricevimento, oggi è Matteo. Sic transit gloria mundi. Tutti vogliono un selfie, una battuta, un sorriso. Ma Matteo incute anche timore. Persino i giornalisti sono timorosi, un po’ vigliacchi, restano tutti a debita distanza. Salvini – come Craxi, del resto – è come se mettesse paura anche ai lupi. “Il vero potere è solitario, è tignoso, è la gravitas dei latini” motteggia Pigi Battista, firma del Corriere della Sera, mentre Filippo Ceccarelli, firma di Repubblica, rispolvera i fasti del “più grandioso e cupo ricevimento del Quirinale, quello del 1976, raccontato da Pasolini nel suo Petrolio…”. E così, ecco che Salvini ‘conquista’ un tavolo, vi si siede, sempre con Francesca al suo fianco (ora un bacio, ora una carezza: sembra di stare all’Opera, nel vederli) e pochi altri, tra cui la colonnella leghista Barbara Saltamartini. Poco più in là il ministro Centinaio e il sottosegretario Volpi, accompagnati dalle rispettive signore, confabulano: “Matteo vuole restare fedele al contratto di governo, noi vogliamo andare a votare, ma con Berlusconi alleato mai”.

Giardini, atto secondo. Appare Di Maio, sorride timido

Ma ecco che appare, finalmente, dopo un’oretta buona, Di Maio in compagnia della sua, di fidanzata, la giornalista sarda Virginia Saba: bella donna, alta, non una modella, come fisico, ma piacente, non certo una ragazzina (anzi, matura), è meno a suo agio, paradossalmente, di Francesca: abito nero, ‘a macramé’, cioè fatto di pizzi e ghirigori, piccola scollatura, ampio sorriso, capelli biondi pettinati in modo diligente, dovrebbe essere spigliata, ma è impacciata. Di Maio è vestito di scuro (camicia bianca e cravatta rossa, come Salvini), sorride sempre, è gentile con tutti, non dà l’impressione di volersi ‘mangiare’ o ‘arrestare’ nessuno, scherza con i giornalisti, specie quelli che conosce meglio, sembra essere a suo agio e, se non lo è, finge benissimo.

Il problema è che, attorno a lui, oltre a vigilare il portavoce di una vita, Rocco Casalino (oggi e da un anno lo sarebbe del premier, ma tant’è: un’anima divisa in due, la sua), ci sono vari e variegati pezzi di establishment pentastellato (Buffagni, Spadafora, Tridico, Cozzoli, Morra, Bonafede), ma poco altro. Tranne Lino Banfi che, poverino, è ancora lì che lo ringrazia per averlo nominato ambasciatore Unesco.

Giardini, atto terzo. Salvini rompe il ghiaccio e si alza

I due si ignorano bellamente, e a lungo, ma poi ‘Giggino’ va a sedersi a due tavoli (2 metri, forse) da quello di Matteo ed è lì che si vede il vero Conducator, il vero Capitano: Salvini si alza e, con scatto felino, va a salutare Di Maio. “Oh allora ci vediamo, eh?” dice Matteo. “Eh sì, ci vediamo ma devi dirmi tu quando…” sorride imbarazzato Luigino. “Guarda ho comizi elettorali per molti giorni, ma comunque presto, stai tranquillo”. “Va bene, ok, ciao”. “Sì, ciao”. Ecco, tanto basta per far scrivere alle agenzie e far dire a tutti i presenti che “altro che crisi di governo, si parlano!”. Poco dopo, ecco un altro siparietto. In pratica, il direttore de la 7, Enrico Mentana, costringe i due alla photo opportunity insieme: loro ci stanno, si danno persino ‘il cinque’, abbozzano un mezzo sorriso, poi però si ritraggono. Tutto deve durare poco per non mordersi a vicenda, un abbraccio finto che sennò rischia di farsi mortale. Giusto il tempo di presentare le rispettive fidanzate. “Ciao, Francesca”. “Piacere, sono Virginia”. Fatta anche questa e accontentati soprattutto i giornalisti, che qualcosa devono pur scrivere, i due possono tornare ai loro tavoli e, dunque, a ignorarsi.

Giardini, atto quarto. Il vippume intasa il ricevimento

Solo che, appunto, attorno a Salvini si sente l’odore del sangue di chi sta per prendersi e portarsi via tutto, e l’aria sospesa del Potere, vecchio e nuovo, vuole accreditarsi. Mentre, intorno a Di Maio, c’è meno rispetto, più simpatia, più battute a stemperare la tensione, ma insomma la Forza del Potere si sente meno, molto meno dell’anno scorso. I grand commis, ma pure il vippume vario presente e sempre in massa, ‘fiuta’ da lontano chi è gazzella e chi è leone e sa già in anticipo come finisce la storia, dentro la savana. Il mondo dello spettacolo è presente in massa (Lino Banfi, Renzo Arbore, Giancarlo Magalli, Stefania Sandrelli, Anna Foglietta, Roberto Vecchioni, Pippo Baudo, Pif, etc.), ma resta in disparte, non sa su chi gettarsi prima, incerto su chi sarà davvero il nuovo Potere, quello da omaggiare. Anche il mondo Rai, come quello Rcs-La 7, presente a ranghi compatti, mente Mediaset latita, è dubbioso, sbanda. Solo Geppi Cuccari punta dritto di Di Maio e la Saba: sarà la ‘sardità’ di entrambe, ma certo è che il feeling scatta.

Ovviamente, non mancano le autorità di ogni ordine e grado dai presidenti delle Camere (la Casellati affettata, come al solito, Fico rilassato e sorridente, molto easy), vertici di Autorithy, Forze armate, Csm, etc, ma a catturare l’attenzione è Mara Carfagna, splendente in total white. Scarsa e modesta la presenza della sinistra di (ex) governo: Rosato e Giachetti, una splendida Bonafé in abito lungo, Zingaretti pare sia venuto, ma nessuno se n’è accorto, Renzi e Boschi hanno disertato, Gentiloni parla affabile con tutti, solo Bertinotti e Marini coltivano l’antico gusto della pipa l’immarcescibile Mario Monti dispensa consigli a tutti. Forse anche al titolare del Tesoro, Tria, felice e sorridente.

Giardini, atto quinto. Il povero Conte si fa forza da solo

Intanto, mentre il ‘povero’ presidente Mattarella è costretto, instancabile e impassibile, con accanto la figlia Laura, a stringere centinaia e centinaia di mani (circa 1200 gli invitati), tutti si chiedono “ma dov’è Conte? Ma Conte c’è?”. Ecco, Conte c’è, solo che se ne accorgono in pochi. Per capirsi, quando Renzi era premier, ai giardini del Quirinale si muovevano, paurose e mugghianti, masse umane di vip inferociti e incarogniti che lo rincorrevano. Conte, poverino, si mette da solo in un angolo, neppure si siede. Attorno a lui, la scorta, una manciata di giornalisti, qualche amico e, soprattutto, zero fidanzate (eppure, pare che una ci sia). Conte non parla neppure con Di Maio. Con Salvini si sfiorano, ma in modo del tutto casuale e, come sempre, la ‘tigre di Mompracem’ Salvini sfrutta l’attimo: “Noi due ci vogliamo bene, anzi ci vogliamo benissimo!”. Povero Conte. Non gli resta che annunciare che, appunto, “lunedì non ci sarà il cdm, ma parlerò alla nazione”. Poi, scherza con i giornalisti e vuole offrire pure loro da bere, ma forse non sa che solerti camerieri passano ogni secondo.

Giardini, sipario finale. Salvini salta la fila, Di Maio no

La verità è che c’è una scena che dice tutto, del ricevimento di ieri. Per salutare Mattarella, che dedica a ogni ospite qualche minuto di convenevoli, bisogna mettersi in fila e aspettare, pazientemente, non minuti, ma a volte intere ore. Di Maio si mette, sorridente, in fila con la fidanzata. Salvini, invece, ha fretta: prende per mano Francesca, salta bellamente la fila, saluta (molto rapidamente) Mattarella e se ne va. Magari aveva da fare, per carità, ma l’etichetta, al Colle, è praticamente tutto e Salvini non la rispetta (mai). Del resto, il ‘Capitano’ ha fretta di arrivare. Dove, si vedrà.