sabato 27/04/2019

IL SOTTOSEGRETARIO VUOLE FARSI INTERROGARE, CONTE LO VEDRÀ AL RITORNO DA PECHINO

Lunedì si decideranno le sorti di Armando Siri, il sottosegretario leghista indagato a Roma per corruzione. Oltre al Consiglio dei ministri, il premier Giuseppe Conte ha fissato un colloquio privato con il senatore del Carroccio per parlare vis-à-vis e prendere una decisione sulle dimissioni richieste più volte dai 5stelle. Nelle ore che precedono l’incontro, però, sui giornali potrebbe essere pubblicata l’intercettazione in cui Paolo Arata parla dei 30 mila euro dati o promessi a Siri. Infatti il colloquio tra l’imprenditore e il figlio sul quale si basa l’accusa dei pm capitolini è contenuto in un’informativa della Dia del 29 marzo 2019 depositata ieri al Tribunale del Riesame dopo l’istanza presentata da Arata. I pm Paolo Ielo e Mario Palazzi chiedono infatti al tribunale di confermare il sequestro di cellulari e computer di Arata, già in possesso della magistratura dopo le perquisizioni dei giorni scorsi. Si tratta di un atto che ieri non era ancora nella disponibilità del difensore di Arata: “Abbiamo atteso la chiusura della cancelleria del tribunale della Libertà – ha spiegato l’avvocato Gaetano Scalise – ma non risultano depositati ancora atti da parte della Procura, non abbiamo quindi potuto visionarli. Resta ferma l’intenzione di sottoporre il mio assistito ad interrogatorio”. In realtà l’atto risulta depositato. E la settimana prossima potrebbe esserci anche l’interrogatorio di Siri, che tramite il suo legale, ha chiesto di rendere spontanee dichiarazioni.

La lettura integrale dell’intercettazione di Arata potrà chiarire meglio la vicenda. Soprattutto dopo i titoli dei giornali dei giorni scorsi. Con La Verità che giovedì ha titolato: “Pm choc: l’intercettazione usata contro Siri non esiste”, spiegando che la frase così come riportata da alcuni quotidiani (“questa operazione mi è costata 30 mila euro”) non era letteralmente quella pronunciata da Arata. Giovedì il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva detto: “Ho letto in un giornale che le intercettazioni non esisterebbero. Così fosse sono sicuro che giudici, pm e avvocati faranno in fretta il proprio lavoro”.

Ma il senso delle accuse a Siri è contenuto nel capo di imputazione quando i pm spiegano che il sottosegretario ha messo a disposizione dell’imprenditore la propria funzione “proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (…) l’inserimento in provvedimenti normativi (…) ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto ‘mini-eolico’”. E in cambio “riceveva indebitamente la promessa e/o la dazione di 30 mila euro da parte di Arata”.

Ieri sul caso Siri è intervenuto di nuovo il premier Conte: “Gli ho detto – ha spiegato dalla Cina – che non potevamo vederci perché partivo, mi sono anche scusato perché c’è la considerazione umana nei confronti di una persona che aspetta il presidente del Consiglio che vuole spiegazioni”. Tuttavia, “la considerazione umana verrà tenuta da conto ma non sarà determinante: se mi convinco che deve dimettersi, non ci saranno alternative”. E ieri scintille ci sono state anche tra Roberto Maroni e Giancarlo Giorgetti. Al centro della discussione, l’intervista di Maroni a La Stampa: “Credo che la vera crisi potrebbe arrivare per il coinvolgimento di un’altra persona in una vicenda: il caso dell’assunzione del figlio di Arata da parte di Giorgetti”. Il sottosegretario ha replicato: Maroni “sta cercando di rientrare in gioco. Non credo proprio di essere un problema per il governo. Anzi io lavoro tutti i giorni per questo governo e credo di risolverli i problemi”.

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