(Tommaso Merlo) indossa il frac e s’inchina al dragone giallo. Riparte la Via della Seta solo che invece della seta arriveranno gli arrosticini di cane e container pieni di spazzatura usa e getta ad un euro al pezzo. Gli affari sono affari, per carità, ma il cuore non batte certo per i politicanti tirati a lucido che sorridono a quel bestione di Xi. Il cuore batte per i cittadini che gridano con la bandiera in spalla per le strade di Roma. Cittadini che si oppongono proprio a quello che la Cina rappresenta più di tutti: soldi anche a costo di devastare l’ambiente e calpestare gli esseri umani. Il Movimento 5 Stelle è nato e vissuto in quelle strade urlanti, oggi invece è dall’altra parte del muro, è nel Palazzo ed è Di Maio a stendere i tappeti rossi sotto i piedi dei cinesi. Una fotografia da brividi che spiega plasticamente il crollo dei consensi del Movimento 5 Stelle. Certo, sta stronzata della Via della Seta non l’ha inventata Di Maio, girava da anni. Se l’è inventata la Cina perché non sa più dove piazzare la spazzatura che produce, vuole nuove discariche in Europa e vuole pure la chiave del cancello. L’Italia sta al gioco perché è in crisi e perché a furia di sfruttare i lavoratori e deturpare l’ambiente, le élite cinesi si sono arricchite e vogliono la Ferrari in garage, bere Prosecco con una spruzzatina d’arancio e vestirsi Armani la domenica. La firma del Memorandum è stata infatti applaudita calorosamente dai giornaloni delle lobby, è stata forse l’unica mossa di Di Maio che hanno lodato. Altro bruttissimo segno. Salvini invece si è tenuto astutamente alla larga ed ha borbottato. L’ha fatto più per fregole nazional-sovraniste che altro, ma di fatto ha lasciato Di Maio da solo in quella che è stata una brutta giornata da vecchio regime. La Cina rappresenta il modello economico e politico che sta devastando il pianeta. Dal Movimento 5 Stelle, da cittadini che hanno marciato per anni in nome di un diverso modello di sviluppo, ci si sarebbe aspettati una gestione ben diversa di sta cagata della seta. Altro che inchini, altro che cene di gala. Se c’era qualche cartaccia commerciale da firmare lo potevano fare pure in ufficio senza buttar via soldi pubblici per leccare i piedi a quel regime oscuro. E magari Di Maio avrebbe potuto cogliere l’occasione per parlare col signor Xi di diritti umani, di vera democrazia e magari pure diretta, delle battaglie ambientaliste del Movimento e dei danni devastanti che fa la chimera del profitto a tutti i costi e magari pure delle nuove schiavitù e del fatto che non c’è interesse economico che valga più della salute e dei diritti dei cittadini. Proprio le idee che urlavano i cittadini per le strade di Roma mentre lui e gli altri portavoce sorridevano a favore di telecamere come renzi qualunque. Una foto davvero agghiacciante. Certo, non è facile trovare un equilibro tra movimento di lotta e di governo, ma la linea seguita fino ad oggi tende dannatamente troppo verso il governo, verso il sistema, verso tutte quelle cose contro cui il Movimento ha sempre combattuto. E per questo crolla nei consensi. Quella di Roma è stata davvero una brutta giornata da vecchio regime, ma il sogno del Movimento non può spegnersi tre le braccia di un bisonte cinese. È tempo di resettare la linea, è tempo di togliersi il frac e tornare a marciare a fianco dei cittadini.
