(Di   Apprendiamo da informate e entusiastiche fonti che lo “sbaracco” dalla vecchia, centralissima sede del Pd al Nazareno promesso da Nicola Zingaretti a Che tempo che fa (e dove sennò) starebbe per avere luogo a favore di una nuova “casa” in zona Stazione Tiburtina, un ex deposito dell’Atac ricostruito tutto in vetro come un museo di arte contemporanea disegnato da qualche archistar.

Conosciamo bene il luogo, sito tra l’avveniristico hub disegnato da Paolo Desideri e gli edifici popolari di epoca fascista davanti al cinema Jolly; a sei fermate di metro B dal Colosseo, nei cui dintorni, se del caso, i dirigenti pidini più in vista dovranno farsi lasciare dalle auto blu, visto che, come ci avvisano i gazzettieri addentro, i nostri eroi arriveranno alla casa di vetro rigorosamente in metropolitana (è un lascito della reggenza Martina, che voleva un partito capace di “ripartire dalle periferie” e perciò organizzò una segreteria del Pd in una libreria di Tor Bella Monaca, con vivo disagio dei residenti e dei partecipanti, ivi giunti in sahariana e col binocolo al collo per avvistare il popolo, costretti a impostare sui navigatori un indirizzo sconosciuto alle loro mappe dell’iPhone, nell’hic sunt leones di Roma).

Chissà perché il vetro, inequivocabilmente materiale del Novecento, delle Esposizioni universali e delle vetrine dei passages parigini, sembri avveniristico, tanto da essere scelto per confezionare una leadership che si pretende nuova di zecca. Passi per chi è cresciuto col mito dei grattacieli come conquista siderale e adamantina ascesa, ma se già nel 1967 (anno de Il laureato) il futuro era “nella plastica”, oggi si sa che i grattacieli di domani saranno di legno, antisismici, ecologici, ignifughi, quindi semmai ci aveva visto giusto Veltroni quando addobbò per il neonato Pd il loft al Circo Massimo, tutto travi e soffitti e scale di legno dove si muovevano alacri giovani democratici che poi sarebbero diventati i galoppini dei dirigenti appena liquidati perché vecchi, stantii e insopportabili ai più.

Ma al di là del prodigio metonimico per cui questa futura “casa di vetro”, che tra l’altro ricorda il Panopticon di Jeremy Bentham, il carcere ideale caratterizzato dalla trasparenza assoluta quindi dal controllo e dal dominio (altro che streaming grillino), incuberà idee nuove per pura osmosi, ci sarebbe da spiegare a chi si scalda per il trasloco in zona gentrificata che la Tiburtina per i romani è un vestibolo del centro, e che da lì partono, se partono, i treni e gli autobus che conducono alla periferia vera. Noi non siamo tra quelli che godrebbero a vedere i dirigenti della nuova “squadra” (secondo la rottamanda terminologia renziana) appesi ai reggimano di bus rumorosi e autocombustibili che arrancano nel traffico della Tiburtina per il magro stipendio che lo Stato gli corrisponde. Noi anzi li vogliamo sempre arzilli, freschi, non impediti dai tornelli e non zavorrati dalle ugge del pendolare, pronti a edificare nella nuova casa anche le basi di un nuovo partito di massa, come auspicava ieri Cacciari su queste pagine.

Ma ammesso che la collocazione topografica ricalchi una qualche collocazione politica (e un significato deve averlo il fatto che Renzi ultimamente s’era barricato in una stanza al terzo piano del Nazareno con porta blindata e videocitofono, accanto a quella “terrazza Pd” da cui, Dio lo perdoni, diramava “momenti di approfondimento” via Facebook), per ora a favore di Zingaretti ci sono solo sensazioni: “non ti sega subito i nervi”, come ha detto Marco Revelli a Antonello Caporale per significargli le differenze con Renzi; e “è una brava persona”, qualità che, per quanto apprezzabile, è piuttosto eloquente del deserto di idee in cui il Pd ha pascolato per anni.

Le Botteghe luminose rifletteranno un dato schizofrenico: questo Pd risorto che si è intestato la manifestazione di Milano contro il razzismo è lo stesso Pd che attraverso l’autorevole Rosato rinfaccia via social a Salvini di non aver rimpatriato abbastanza migranti, quando Minniti ne avrebbe cacciati o respinti o affidati alle amorevoli cure dei libici molti di più; e la maggioranza assoluta di quel milione e 700 mila persone che sono andate a votare alle primarie (dato che semmai ne attesta il tracollo dai 3,5 milioni di Veltroni) lo hanno fatto per non vedere più le facce dei renziani col loro stile finto-progressista e populista (sempre Cacciari).

Intanto, che il trasloco sarà una mera operazione di cosmesi edilizia, dopo la visita del segretario ai nuovissimi cantieri del freschissimo Tav, lo lascia pensare il fatto che i gangli locali di questo pimpante, aurorale Pd zingarettiano si presenteranno alle comunali siciliane di fine aprile alleati con frattaglie alfaniane, forziste e cuffariane, a riprova del fatto che bello il vetro, belli i giovani, belle le periferie, bello tutto, ma su certe cose non si scherza.

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