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di Francesco Erspamer

Del TAV si parla dagli anni novanta e gli accordi preliminari con la Francia risalgono ai primi anni duemila. In altre parole avrebbero potuto realizzarlo o almeno dargli decisivo impulso ben tre governi Berlusconi, un paio di governi Prodi e i governi di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Invece niente. Eppure adesso sono proprio i piddini e i berlusconiani a proclamare quotidianamente a reti unificate (loro parlano sempre a reti unificate) che si tratta di una cosa urgente, urgentissima. Come mai? Il loro interesse nell’opera, come in tutte le grandi opere, indiscriminatamente, deriva dal fatto che richiede grossi investimenti, dunque rappresenta un’occasione di guadagno: le lobby conoscono e riconoscono i politici a loro fedeli e li sanno ricompensare. Quanto all’emergenza, è un collaudato espediente, che consente scorciatoie, esenzioni da controlli e verifiche; insomma, una pacchia per gli speculatori. Ma perché proprio ora, improvvisamente? Da dove questa fretta? È che sanno che il TAV è peggio che un inutile spreco di soldi pubblici: potrebbe rivelarsi un disastro, economico e ambientale. Da qui le immense pressioni mediatiche per farlo approvare dal M5S, ancor meglio se con riluttanza; in modo che i profitti (immediati) vadano ai partiti liberisti, Pd e FI in particolare, mentre l’eventuale futuro biasimo cada sui pentastellati. Un bel giochino, vero? Anche per questo il TAV non deve essere fatto, a nessuna condizione e in nessuna forma, finché il M5S è al governo. Al di là del fatto che si tratta di un pessimo affare per lo Stato, è una trappola politica. Che Zingaretti se ne assuma la paternità e responsabilità quando fosse al governo con Salvini, fra quattro anni. Che il M5S ne resti fuori.