I DUE PROGETTI – QUELLO M5S SI BASA SUL CONTRATTO COLLETTIVO, QUELLO DEM “SPARA” 9 EURO NETTI. DI MAIO: “IL 22 IN AULA, VEDIAMO CHI C’È”

Luigi Di Maio invita il neo-segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ad appoggiare la proposta di salario minimo legale che il M5S presenterà in aula il 22 marzo: “Io sono pronto ad aprire un tavolo con tutte le parti, dalle forze parlamentari alle imprese ai sindacati, per portare a casa questo risultato. Vediamo chi c’è”, dice il capo politico del M5S. Il leader del Pd per ora ha risposto che è meglio evitare “furbizie”, ma finora la discussione esula dai contenuti. Perché se si leggessero le due proposte in campo – il ddl n. 658 a prima firma Nunzia Catalfo per il M5S e il ddl 310 primo firmatario Mauro Laus per il Pd, entrambi depositati al Senato – si scoprirebbe innanzitutto il primo paradosso. Il progetto di legge più vicino alle istanze del sindacato, che si presume sia il più legato al Pd, è quello dei 5Stelle. E Di Maio con il sindacato ci vuole parlare tanto che ha convocato le varie sigle per lunedì.
Il salario minimo legale esiste nella maggioranza dei Paesi europei – 22 su 27 – e stabilisce per legge una soglia minima di retribuzione al di sotto della quale non si può andare. Come si vede dalla tabella, si passa dai quasi 2.000 euro al mese, lordi, del Lussemburgo, ai 260 della Bulgaria. Nel plotone di testa si trovano i 6 firmatari del Trattato di Roma del 1957, tranne l’Italia. E sono proprio questi ad avere i livelli più alti. In fondo c’è l’Europa dell’Est. I cinque Paesi che restano fuori sono Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia e Italia. Che hanno la caratteristica di avere garanzie sul piano dei contratti e della retribuzione consolidate. Qui c’è il punto di fondo del contrasto tra le ipotesi di salario minimo legale e le posizioni del sindacato. Quest’ultimo chiede di fare affidamento alla contrattazione tra le parti come strumento più efficace per retribuzioni dignitose. La via legale, si sostiene, potrebbe rappresentare il grimaldello per introdurre riduzioni di fatto dei salari. Quello che però va messo sulla bilancia è il peso crescente del “lavoro povero” che, come stima l’Anpal nel suo rapporto 2018 sul mercato del lavoro, interessa 3 milioni di lavoratori, “5,2 milioni se si considera il reddito annuale, invece di quello mensile”. E su questo versante, dice il rapporto, anche se gli studi economici concordano nel ritenere quasi nulli gli effetti sull’occupazione, “il salario minimo potrebbe garantire – in virtù di una maggiore forza prescrittiva – una protezione più efficace nei confronti dei bassi salari, riducendo la discrezionalità e gli abusi nella determinazione dei livelli retributivi”.
Il punto sembra essere questo e su di esso si basa il progetto Catalfo secondo cui “in Italia l’11,7 per cento dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali, mentre 5,7 milioni di giovani rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà”. Per questo la proposta del ddl 658 è di fissare per legge una “retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente non inferiore a quella previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore (corsivo nostro) per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro” e comunque “non inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali”.
Il limite si fissa anche per le collaborazioni così come ridisegnate dal Jobs Act. Centralità al contratto di lavoro, quindi, e clausola di salvaguardia sui 9 euro l’ora (lordi).
Il progetto del Pd, invece, non fa nessun riferimento al sindacato e fissa una retribuzione oraria minima “non inferiore a 9 euro al netto dei contributi previdenziali e assistenziali”. Visto che il salario medio oggi è a 9,48 euro, la misura sembra troppo ottimistica perché aumenterebbe i salari di colpo del 30-35% ma è anche quella più distante dalle richieste del sindacato (e non a caso proviene dalla fase renziana). La discussione non può essere liquidata facilmente. Lo stesso presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha auspicato addirittura un “salario minimo europeo” che sarebbe la soluzione più efficace per tutti.
Negli Stati Uniti, intanto, il dibattito verte sull’ipotesi di un salario minimo di 15 dollari l’ora. Il candidato socialista alle primarie democratiche, Bernie Sanders, ne fa un punto d’onore. Ma, almeno su questo, l’America è lontana.
