IL DOLORE “TRASVERSALE” PER L’INGRESSO IN CARCERE DELL’EX GOVERNATORE LOMBARDO: DOV’È “L’UMILIAZIONE DEL CRISTIANO”?
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Roberto Formigoni va in carcere e fino all’ultimo i suoi amici cattolici di Comunione e Liberazione hanno pregato perché ciò non accadesse. La condanna è pesante, corruzione, e costituisce l’epilogo funesto del lungo regno formigoniano alla Regione Lombardia, dove il mercimonio avveniva nelle ricche casse della sanità.
Il giorno dell’ingresso nelle patrie galere dell’ex governatore (democristiano nella Prima Repubblica, berlusconiano nella Seconda) sono arrivati infiniti e trasversali messaggi di dolore da parte di politici e giornalisti. E fin qui tutto molto umano e mondano, cioè nelle cose di questo mondo. Il punto è che nella narrazione del personaggio Formigoni si è dato parecchio spazio alla sua dimensione di cattolico praticante: quella di ciellino che viveva in una comunità di Memores Domini, dediti al voto di povertà e di carità fraterna.
Quello che colpisce, allora, non è tanto la figura di Formigoni peccatore convertito ai lussi del potere (solo “la fedeltà del Signora dura in eterno”, recitano i Salmi) ma l’assoluta mancanza di accettazione cristiana del martirio, ovviamente dal punto di vista del credente. Può sembrare paradossale o provocatorio, ma il Vangelo e le lettere di San Paolo sono un continuo richiamo alla transitorietà della vita quaggiù e lo stesso Gesù inserì tra i “beati” coloro che sono perseguitati a causa della giustizia (beatitudine che si presta a molte interpretazioni). Ma se appunto guardiamo con lo sguardo della fede al carcere di Formigoni (peraltro politico arrogante e pieno di sé) spicca proprio la mancanza di una “vera umiltà” che non può essere tale “senza umiliazione” (papa Bergoglio). E se il martirio è imitazione di Cristo innocente ucciso in croce cosa c’è di più grande per un cristiano che si proclama non colpevole e viene rinchiuso, a suo dire, ingiustamente? La si può mettere anche in termini più laici, per dirla con lo straordinario Matthew McConaughey nella prima serie di True detective: “Rifletto sull’idea di permettere la propria crocifissione”.
Forse tutto è da ricondurre all’esperienza dei cattolici di Comunione e Liberazione, per anni accusati di essersi secolarizzati facendo solo politica e affari. Non proprio la strada per il martirio.
