
Il vicepremier: “Non possiamo vincere da soli, comunque sull’isola siamo il primo partito”
(Federico Capurso) La stampa
L’analisi della sconfitta in Sardegna, per il Movimento 5 stelle, inizia mentre si sta ancora votando. «Non possiamo vincere da soli, contro chi si presenta in coalizione con 10 o 11 liste», è la litania domenicale delle truppe grilline. L’asticella sopra la quale oggi si potrà parlare di un buon risultato – dopo il 42 per cento delle politiche del 4 marzo – viene fissata dagli uomini di Luigi Di Maio a uno striminzito 15 per cento. E i primi exit-poll della Rai non fanno dormire sereno Di Maio, perché tengono la forbice del Movimento aperta tra il 14,5 e il 18,5 per cento. I vertici, infatti, iniziano a cercare con ansia delle soluzioni rapide alla consueta emorragia nei territori. Ci vorrà tempo per trovare liste civiche adatte a un’alleanza e dunque, nelle ultime ore, si starebbe ragionando sull’idea di presentare più liste direttamente collegate al Movimento, composte sempre da iscritti, ma con un nome e un simbolo diversi da quelli del partito.
La sconfitta bruciante in Sardegna, d’altronde, si somma a quella ancora fresca dell’Abruzzo. I Cinque stelle non sono mai stati davvero in competizione per la presidenza dell’isola. Il ritiro forzato del candidato governatore Mario Puddu, condannato a ottobre per abuso d’ufficio, ha azzoppato sul nascere la corsa. Poi la bassa affluenza al 43,8% alle 19 (seppur superiore a quella del 2014) e il voto disgiunto, che porterà il candidato “di rincalzo” Francesco Desogus a ottenere comunque un risultato migliore rispetto a quello della lista M5S, hanno fatto il resto. Oltre al peso avuto dalle tre liste autonomiste che si sono presentate a queste regionali – sostengono i Cinque stelle – e che sono andate a pescare proprio dal bacino elettorale grillino, raccogliendo lo scontento e la delusione per le formazioni politiche tradizionali. I vertici erano preparati al peggio, ma i malumori nelle truppe grilline sono comunque forti. Chi tende un orecchio sul territorio sardo e nei corridoi di Montecitorio, raccoglie soprattutto recriminazioni nei confronti dei vertici: pochi soldi spesi in campagna elettorale, tanta la disorganizzazione che ne è conseguita.
Sui consensi persi dal Movimento, ancora una volta più che dimezzati rispetto alle elezioni politiche, pesano anche i riflessi negativi provenienti da Roma, dove l’alleanza con la Lega è stata mal digerita. «In molti ci hanno detto che non ci avrebbero votato a questo giro, furiosi per come è stata gestita l’alleanza con la Lega e per il voto con cui abbiamo salvato Matteo Salvini dal processo», ammette l’ex senatore Roberto Cotti, esponente storico del Movimento in Sardegna. «Ma è un bene l’apertura di Di Maio alle liste civiche – aggiunge Cotti -. Anche se ricordo che quando lo proposi a Beppe Grillo, nel 2010, lui mi fulminò con lo sguardo e mi chiese cosa ci stavo a fare nel Movimento». In primavera si voterà a Sassari e qualcuno, tra i colonnelli M5S, lavora all’idea di presentare più liste che rimandino al Movimento, senza pescare nel rischioso mondo delle civiche. «Basterebbe cambiare nome. Oltre alla lista principale del Movimento 5 stelle, ci potrebbero essere delle liste collegate, formate sempre da iscritti M5S, ma con nomi diversi, come “Cambiamento per Sassari” e simili». Una ricetta che, nei pensieri dello stato maggiore pentastellato, potrebbe essere applicata molto più rapidamente, proprio perché verrebbe meno tutto il lavoro di controllo sulla validità e la trasparenza delle alleanze esterne da trovare.
Di Maio, per rendere meno amara la sconfitta, sottolineerà il passo in avanti compiuto dal suo partito, che risulterebbe prima forza politica in Sardegna e per la prima volta porterà dei suoi portavoce in consiglio regionale. «Ma è un messaggio che poteva andare bene quando non eravamo al governo – sostiene chi è vicino al leader – Adesso non è più sufficiente». E a Montecitorio la corrente interna al Movimento, che ha in Roberto Fico il suo punto di riferimento, chiede che la rivoluzione imposta da Di Maio, tra apertura alle liste civiche e nomina di una segreteria politica, «non ci snaturi». Un accentramento dei poteri, mette in guardia il deputato Luigi Gallo, «potrebbe portare al disastro totale».
