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(Tommaso Merlo) – Nessuno avrebbe mai immaginato un epilogo così drammatico per la saga dei Renzi. Per ora nella macabra gara a chi ha il padre più inguaiato, l’ex Presidente del Consiglio vince per distacco. Ma al di là delle grane giudiziarie personali, la vicenda di Matteo Renzi è politicamente significativa anche oggi che la sua stella si sta definitivamente spegnendo. Renzi, l’ex rottamatore, non è riuscito nemmeno a rottamare se stesso. E questo nonostante una serie infinita di sconfitte e la sua inarrestabile parabola discendente. “sia chiaro a tutti che io non mollo di un solo centimetro”, posta Renzi furioso dopo l’arresto dei genitori, “la politica non è un vezzo personale ma un dovere morale”.

Renzi risponde così finalmente al perché non ha lasciato la politica come aveva promesso in caso di sconfitta al referendum costituzionale. O perché perlomeno non si sia preso una pausa come gli avevano consigliato da ogni dove. Per “dovere morale”. Ma non è affatto vero che candidarsi alle elezioni e fare politica nei palazzi sia un “dovere morale”. È una scelta. Può essere un “dovere morale” partecipare alla vita democratica, ma si può partecipare in mille forme diverse, anche localmente e senza poltrone e riflettori e lauti stipendi. Renzi è ancora lì per scelta, perché non è riuscito a staccare la spina ed uscire dal giro, perché se l’è legata al dito e non ha mai accettato le sue sconfitte politiche e personali finendo così per bruciarsi politicamente del tutto e più rapidamente.

Questo perché è rimasto esposto al pubblico ludibrio in una fase drammatica di cambio di paradigma. È diventato uno dei catalizzatori principali della rivolta popolare che ha portato al crollo del Pd e del vecchio regime in favore dell’ondata populista. La scelta di Renzi d’impuntarsi è stata politicamente suicida ma anche in linea con la tradizione della vecchia politica italiana che per interminabili decenni è rimasta nelle mani degli stessi dinosauri che arrivavano alle soglie del camposanto con qualche poltrona sotto al culo.

Come se non avessero altro che la politica nella vita, come se fare un passo indietro fosse una sconfitta disonorevole. E anche quando le loro idee e i loro partiti si rivelavano fallimentari, i dinosauri non mollavano mai. E se venivano trombati, tramavano dietro le quinte finché non riconquistavano un posto al sole. Come se in realtà non gli fregasse nulla dell’Italia o dei problemi dei cittadini e dei bei discorsoni che facevano, ma gli interessasse solo la propria carriera, il proprio destino personale. Come se tra i loro privilegi vi fosse anche quello di non dover rispondere di niente a nessuno. E – per dirla alla Renzi – come se la politica fosse un “vezzo” e l’andare in televisione ed essere al centro dell’attenzione e sentirsi importanti, fosse la loro droga. Renzi dice che non è il suo caso e si sente una vittima sacrificale.

Una linea che gli fa incassare la solidarietà di Berlusconi a conferma di quanto sia del tutto fuori strada. Renzi é vittima solo di se stesso. E’ vittima dell’incapacità di rottamarsi e di idee sballate. La politica nei palazzi non è affatto un dovere morale ma una scelta. L’unico vero “dovere morale” che ha un politico è quello di mettere l’interesse generale prima di se stesso anche a costo di fare un passo indietro quando il mondo va da tutt’altra parte.