lunedì 18/02/2019
SEI OTTIMI MOTIVI – SMONTARE LE FURBATE, EVITARE IL SUICIDIO E NON RINNEGARE LE ORIGINI

Oggi il M5S tenta il suicidio. E i suoi 100 mila e più iscritti hanno l’onore e l’onere di salvarlo da morte certa, votando No all’impunità per il ministro Salvini sul caso Diciotti. Per almeno 6 buoni motivi.
1. La furbata del quesito alla rovescia – per dire sì al processo bisogna votare No e viceversa – ha indignato molti iscritti e militanti, a cominciare dal fondatore Beppe Grillo. È lo stesso ribaltamento logico che gli italiani patiscono a ogni referendum abrogativo, che i 5Stelle avevano sempre contestato e che Giorgio Gaber sbeffeggiava così: “Per fortuna devi dire solo Sì se vuoi dire No, e No se vuoi dire Sì. In ogni caso hai il 50 per cento di probabilità di azzeccarci”. L’ennesima prova dello stato confusionale dei vertici del M5S: solo un No secco potrà aiutarli a rinsavire e a ritrovare la strada maestra.
2. Ancor più gravi sono gli errori contenuti nel preambolo al quesito, talmente suggestivo e fuorviante da non poter essere altro che doloso. Il primo, il più veniale, è il numero dei migranti sulla nave Diciotti: non 137, ma 177. Il secondo punta a trasformare il caso Salvini-Diciotti in un evento eccezionale: “Mai in passato si era verificato che la magistratura chiedesse al Parlamento di autorizzare un processo per un ministro che aveva agito nell’esercizio delle sue funzioni e non per azioni fatte per tornaconto privato e personale (tangenti, truffa, appalti, etc)”. Ma è vero il contrario: se i giudici ritengono che un ministro agisca per tornaconto privato e personale, procedono senza chiedere alcuna autorizzazione, riservata ai casi in cui il reato è commesso nell’esercizio delle funzioni (tra cui non sono comprese tangenti, truffe, appalti ecc.). Il terzo, il più imperdonabile, è la traduzione della norma costituzionale nella domanda agli iscritti: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?”. Un quesito fatto apposta per sollecitare una risposta affermativa. Ora gli iscritti devono dire No anche al tentativo maldestro di raggirarli. Ciò che si tenta di nascondere loro è che la norma costituzionale sui reati ministeriali consente al Parlamento di negare l’ok al processo solo in caso di “interesse dello Stato costituzionalmente rilevante” (e la Costituzione non vieta lo sbarco di naufraghi salvati da una nave italiana in un porto italiano, anzi due trattati lo imporrebbero) o da un “preminente interesse pubblico” (e qui l’interesse pubblico c’era, ma non era “preminente”: nessuna causa di forza maggiore impediva al governo di autorizzare lo sbarco prima del quinto giorno).
REGOLA DI BUON SENSO
È chi sa di essere colpevole che ha paura dei giudici e fa di tutto per non affrontarli
3. I sindaci M5S Appendino, Nogarin e Raggi indicano agli iscritti la via maestra: chi governa e sa di essere innocente si difende nel processo, non dal processo. La Raggi l’ha fatto ed è stata assolta. Nogarin ha avuto due archiviazioni. L’Appendino è ancora sotto processo. E sempre per atti commessi nell’esercizio delle funzioni, non per tornaconto personale. Nessuno di loro ha mai detto una parola contro il diritto dei giudici a processarli. È chi sa di essere colpevole che ha paura dei giudici e fa di tutto per non affrontarli. Chi ha la coscienza a posto non vede l’ora di essere giudicato e assolto (dai giudici, non dalla propria maggioranza parlamentare). Come diceva, prima della cura, anche Salvini.
4. Chi fosse tentato di salvare Salvini nel timore che salti il governo, può votare tranquillamente No. Ancora ieri il capo leghista ha detto di essere “tranquillissimo” e che “il governo non rischia”. Non è la prima volta né sarà l’ultima, in Italia e non solo, che un ministro viene processato e il governo resta in piedi.
5. La solidarietà fra alleati non è in discussione: Conte, Di Maio e Toninelli si sono addirittura autodenunciati e, in virtù di quell’atto, sono ora indagati dalla Procura di Catania. Probabile che i pm, come già per Salvini, chiedano la loro archiviazione. Possibile che, come già per Salvini, il Tribunale dei ministri sia di diverso parere e chieda per tutti e tre l’autorizzazione a procedere al Parlamento. Nel qual caso, dopo aver salvato Salvini dal processo, i 5Stelle autorizzerebbero il proprio: col risultato paradossale che, per un atto del ministro Salvini, verrebbero processati al suo posto Conte, Di Maio e Toninelli. I quali, sulla crisi Diciotti, potendo decidere autonomamente, avrebbero agito ben diversamente da Salvini. L’unica strada è il No all’impunità per tutti: oggi per Salvini, domani per Conte, Di Maio e Toninelli. Tantopiù che, al processo, la Procura di Catania per non contraddirsi chiederà quasi certamente l’assoluzione per tutti.
6. Se gli iscritti salvano Salvini, i senatori M5S voteranno allo stesso modo di Forza Italia per bloccare un processo a un ministro. Regaleranno al Pd l’esclusiva della legalità. E se lo sentiranno rinfacciare finchè càmpano. Se invece votano No ricompattano il M5S, altrimenti spaccato per sempre. Tutti i dubbi sono comprensibili, anche perchè chi oggi voterà non ha potuto leggere le carte processuali, diversamente dai senatori che le hanno lette e non le hanno (o fingono di non averle) capite. Ma, in caso di dubbio, c’è un solo sistema per non sbagliare e non doversi poi pentire: ascoltare la propria coscienza e agire con coerenza.
