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Andrea Scanzi) – Maurizio Landini è un bravo sindacalista e una brava persona. Da sempre amico di questo giornale, avrebbe potuto essere il leader di quella sinistra radicale che ormai esiste giusto sui social. Era il tempo in cui Renzi, nel pieno del suo potere delirante e patetico, stava distruggendo con goffo agio quel che restava del riformismo, protetto dagli stessi giornalisti “de sinistra” che oggi giocano ai rivoluzionari e ieri marcavano visita. Dopo un’iniziale apertura a Renzi di cui si è pentito subito, Landini ripartì col suo menu preferito: dar battaglia con la Fiom e incazzarsi in tivù, armato di maglietta della salute e capelli alla Fantaghirò. Santoro lo adorava, Crozza lo elevò a nemesi di Marchionne. Alla fine Landini “non è sceso in campo”, ma solo perché è nato sindacalista e vuol troppo bene a se stesso per reinventarsi leader di partito. Per un po’ è uscito dai radar, quindi è diventato leader della CGIL. E’ succeduto alla Camusso, la cui gestione si è caratterizzata per non avere fatto nulla o per avere fatto danni. Un trionfo. Le colpe dei sindacati, negli ultimi decenni, sono infinite. Landini non potrà far peggio della Camusso: in bocca al lupo. Eppure, proprio per le speranze che alimentava e alimenta, il suo esordio è parso – a voler essere buoni – diversamente convincente. Per una serie di motivi. Anzitutto per un’inquietante friabilità grammaticale, figlia di incertezza lessicale (non credo) o legata piuttosto al desiderio di parlare come la “gggente”. Da Formigli ha grandinato “vadi” fantozziani, mentre nel discorso di insediamento si è inventato un orripilante “in quel paese qui”. Nanni Moretti, quando fingeva ancora di combattere, ricordava che “chi parla male pensa male”: non è il caso di Landini, ma tra la Crusca e il gergo ad minchiam c’è forse una via di mezzo. Landini ha poi promesso una bella manifestazione contro il governo il 9 febbraio. Bene, benissimo: nessuno sconto al potere. Negli ultimi anni i lavoratori, con sindacati così, si son sentiti davvero in una botte di ferro: chiodata, però. Giusto, quindi, manifestare contro il governo. Solo che, all’interno di dissesti destinati a crescere, il Salvimaio sta mostrando il suo lato meno indigesto proprio sul fronte del lavoro. Perlomeno se lo si guarda da sinistra. Infatti reddito di cittadinanza, Dl Dignità e turnazione dei negozi chiusi la domenica sono odiati dalla destra. La Meloni parla addirittura di un M5S uguale al peggiore PCI di Berlinguer, mentre Fassina esulta. Pure Landini sembrava gradire. Ora però pare di diverso avviso. Che succede, Maurizio? Il Salvimaio va preso a pallettoni su tante cose: sul fronte del lavoro, però, in confronto all’amatissimo (dalla Cgil) Pd pare quasi Trotzkij. Tra tutte le battaglie (“non pregiudiziali”) possibili, Landini vuol bombardare l’esecutivo proprio sul reddito di cittadinanza? Che curiosa strategia. E’ suonato oltremodo sgradevole anche l’attacco classista a “Salvini e Di Maio che non hanno mai lavorato”. Sono frasi che può dire un Marattin qualsiasi ma non Landini, che sa benissimo quanta dignità – e fatica – alberghino in quei milioni di ragazzi che fanno i camerieri o i “bibitari” per barcamenarsi. Imperdonabile pure il voltafaccia sul Tav, che ieri a Landini (giustamente) faceva schifo mentre adesso tutto sommato va bene. Che succede, Maurizio? La strada della sinistra italiana è lastricata di disincanti e disillusioni. Sei forse l’unico che può ridare dignità alla Cgil: non deludere anche tu, altrimenti l’unica cosa che a molti resterà da fare sarà solo quella di andare affanculo. E senza passare dal via.